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Fino al 18.II.2001 | L’Arte dell’URSS. Dalla Rivoluzione d’Ottobre al Crollo del Muro di Berlino | Bologna, Palazzo Re Enzo |

di - 23 Gennaio 2001

La mostra itinerante ideata nel 1999 da Estemio Serri per celebrare il decennale dalla caduta del Muro di Berlino, dopo gli allestimenti di Roma e Palermo arriva a Bologna e trova spazio nelle sale di Palazzo Re Enzo. L’esposizione organizzata dalla Galleria 56 ha trovato in questa occasione la collaborazione della locale cineteca.
L’ideatore di questo percorso espositivo, dal 1985 ad oggi ha compiuto numerosi viaggi in Russia, sospinto, come egli stesso precisa nell’introduzione al catalogo, dal desiderio di andare oltre l’austerità e il rigore che hanno ispirato i murales celebrativi delle grandi conquiste del Socialismo, in cerca di umanità e autenticità tra i volti dei tanti eroi di guerra, dei contadini, degli operai, dei minatori e degli astronauti che su quelle superfici inneggiavano alle glorie dei Piani Quinquennali e della Rivoluzione d’Ottobre.
Con questa mostra dunque, si è cercato di svelare all’Occidente l’autenticità della forza espressiva di quelle forme d’arte, che seppur costantemente funzionali ad una struggente quanto aberrante farsa di pace e di umanità in realtà non hanno mai cessato di esistere come autonome forme artistiche.
E se un Muro reale e ideale ad un tempo, ha impedito per lungo tempo all’Occidente la vista di tanta ricchezza ed ha dissimulato tanta forza, ora caduto quel baluardo ogni analisi sembra possibile; ci troviamo così di fronte ad artisti che per anni hanno dialogato con un potere politico che concepiva l’arte unicamente come mezzo per comunicare alla massa il proprio credo e per persuaderla del valore intrinseco delle proprie finalità. La vista, il più immediato dei sensi è stato strumento della politica totalizzante del regime che all’indeterminatezza, all’apparente caos dell’astrattismo preferiva di gran lunga la fermezza e la forza propagandistica dei manifesti, delle immagini di satira politica foriere di consensi e in grado di mobilitare l’opinione pubblica.
È con queste opere che si dà inizio al percorso espositivo: il calore di un rosso di fuoco ci investe, quasi togliendo respiro ai nostri pensieri, ai nostri sensi, poi ci accoglie, ci guida assumendo a poco a poco su di sé il peso della storica dicotomia rosso-comunismo.

Il rosso domina la prima delle tre sezioni che compongono la mostra dedicata alla satira e alla propaganda politica e in cui è esposta una bella serie di manifesti e una copiosa rassegna di disegni e vignette in certi casi davvero esilaranti.
Nel primo caso a supportare e sostanziare la grafica troviamo un’eloquenza roboante, una retorica a tratti asfissiante nei modi scelti per esaltare “il padre della patria”: Lenin, la cui figura si staglia su tutte con straordinario nitore.
Più pungenti e decisamente meno formali i messaggi propagandistici diffusi dai vignettisti e disegnatori e tra questi anzitutto Vasilij Fomichov, collaboratore dei più importanti giornali del tempo- tra cui la Pravda- grande disegnatore dotato di una vena satirica brillante, supportata da una incontenibile fantasia di cui si serve per sferrare colpi contro la corruzione dell’Occidente e insieme mettere alla berlina i limiti della madrepatria, stabilendo così una certa complicità con il pubblico.
Con sarcasmo e arguzia mordace allude al Piano Marshall “del tutto disinteressato”, laddove le virgolette sono dello stesso artista, ci sorprende con un rubicondo Mussolini, trasformato in un ayatollah, che da un minareto a forma di fascio littorio incita alla guerra santa, e ci presenta le oche del Campidoglio come gentleman in bombetta che fanno l’inchino ai dollari americani!
Segue a questa prima sezione quella in cui si raccolgono i progetti originali dei manifesti cinematografici; tra questi i primi debbono ancora molto al “lubok”: la stampa che si serviva della rappresentazione grafica e della vignetta per diffondere notizie, per fare satira e pubblicità in ambiti popolari.
Solo alla fine del primo decennio del ‘900 anche per questo genere, di indubbia autonomia espressiva come oggetto d’arte, è riscontrabile l’esigenza di depurare l’immagine da dettagli sin troppo esplicativi, semplificando gli sfondi e cercando di supportare la grafica con un messaggio scritto più essenziale ed incisivo, insomma si cercò di ideare un prodotto più adatto al suo carattere prevalentemente pubblicitario.
Si deve poi all’attività creativa dei fratelli Vladimir e Georgij Stenberg, grafici e scenografi, autori del “Manifesto del costruttivismo”, l’intuizione dell’enorme potenziale estetico del manifesto cinematografico, rimasto sino alla metà degli anni ’20 ai margini dell’arte ufficiale.
I manifesti esposti ci guidano di decennio in decennio sino agli anni ’80, rimandando ad un altrettanto prolifica e intensa attività cinematografica.
Giungiamo di seguito alla terza ed ultima sezione dedicata alla pittura. Qui l’autonomia espressiva cui più volte si è alluso si fa più evidente, gli artisti abbandonano i toni esaltati e trionfali della propaganda pur continuando ad affrontare tematiche di natura politica, affermando con evidenza che l’arte appartiene all’uomo ancor prima che al sistema sociale. Tanti di questi dipinti sono anzitutto visioni private, degli spiragli di libertà che l’uomo-artista affannosamente ricava per la sua inquietudine. Ricordiamo allora Il Mercato di Dvoretskij, Mosca 1941 di Godgoldt che nella resa dei volumi ricorda vagamente Cézanne, e le insolite, quasi visionarie soluzione cromatiche proposte da Hripcenko ne La forza della natura ….

Purtroppo però, la preziosità di tanta parte delle opere esposte, il loro valore legato senza dubbio al loro apporto di novità non ci è sembrato trovare un valido supporto nell’allestimento e nei criteri ad esso sottesi: troppe cose sono state date per scontate, prima tra tutte la conoscenza da parte del pubblico della storia d’Europa nell’arco di quel settantennio e soprattutto dell’Urss; pochi e mal distribuiti lungo il percorso ci sono sembrati i pannelli informativi, e attraversando gli spazi allestiti non di rado ci ha sorpresi il dubbio di esserci mossi seguendo la direzione sbagliata!

Al termine del percorso della mostra, il visitatore potrà assistere alla proiezione (ininterrotta per tutto l’orario di apertura della mostra) del video Stalin, eine Mosfilmproduktion, realizzato nel 1992 da Enno Patalas con la collaborazione di Oksana Bulgakova e Frieda Grafe. Il documentario intende analizzare il ruolo del cinema nel costruire il culto della personalità staliniana e, allo stesso tempo, ricostruisce l’interesse e le idee che sul cinema aveva Stalin.

Oltre che dal catalogo la mostra trova un supporto informativo e culturale nei primi tre volumi della collana “L’Arte nell’Urss” e dal primo volume collaterale alla collana “Segni&Colori su carta” . La collana L’arte nell’Urss, prevista in sei volumi è edita da Giorgio Mondadori; al momento sono disponibili in libreria i primi due volumi dedicati alla pittura e il terzo alla storia del cinema dell’ex-Urss. Gli altri volumi usciranno dal prossimo anno con cadenza annuale.


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Per saperne di più:
www.bologna2000.it


Erika Giuliani



Palazzo Re Enzo, Piazza Maggiore Bologna
Orario: dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20; sabato dalle 10 alle 22; domenica dalle 10 alle 20; chiuso il lunedì. Per informazioni e Prenotazione Visite Guidate tel. 051/250885-0335/7367624; fax 051/250918; e-mail: galleria56@libero.it
Catalogo Cinquantasei 60000 £





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Visualizza commenti

  • Ho visitato questa mostra nella sua edizione romana.Brillante la ricerca del non conformista in quella Russia.Mi sembra di poter dire però che un più vasto pubblico non può apprezzarla pienamente perchè forse ha una troppo vaga idea del "realismo pittorico sovietico".Questo pur limitato all'illustrazione del Regime esprimeva dei grandi talenti pittorici.
    Un'idea abbastanza approfondita del "realismo sovietico" si può avere visitando nel web la collezione del dott. Horvath al sito
    horvath@medicalnet.at
    Cordialmente
    Mimmo Nicotra

  • Nel mio messaggio ho indicato per errore la E-mail della collezione Horvat circa il "Realismo Sovietico".Il web museo può essere visitato immettendo sul motore di ricerca "Virtual Museum of Political Art".
    Cordialmente.
    Mimmo Nicotra

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