James Bidgood, fotografo-regista americano, non ha nessuna intenzione di trasformare la finzione in realtà. La costruzione della messa in scena, l’uso dei colori dai toni volutamente eccessivi e artificiali o le posture dei personaggi non hanno nulla di naturale, di realistico. L’artificio e la finzione non devono superare o confondersi con la realtà.
I modelli che compaiono nelle immagini di Bidgood, esposte alla Galleria Marabini di Bologna fino a Marzo, si calano ludicamente nei panni del Satiro o del Narciso, del torero vestito di rosa o del Sirenetto che nuota in un mare di lustrini, del soldato romano in atteggiamenti equivoci col suo compagno, del domatore di orsi o del garçon parigino, mettendo in scena gli stereotipi e i cliché più inossidabili dell’universo omosessuale. Le fotografie tratte dalla serie Photoplay e da numerosi fotogrammi del suo film vengono concepite e scattate tra il 1963 e il 1970; il suo appartamento di New York trasformato in un set foto-cinematografico.
Con toni ironici e manierati, ai confini col kitsch o col trash, l’autore dell’oramai supercelebrato film Pink Narcissus del 1971 denuncia, almeno in parte, la condizione del gay americano degli anni ’60, messo alla gogna da una cultura puritana o dal potere clericale più intransigente.
Nato nel 1932 nel Wisconsin, Bidgood lascia la città natale per approdare a New York dove inizia a lavorare in rappresentazioni teatrali, spettacoli di varietà in night-club, creando lui stesso i costumi e le scenografie, per dedicarsi in seguito alla fotografia e al cinema.
Nonostante James Bidgood non venga facilmente inserito tra i fotografi di un certo calibro la sua opera ha, consapevolmente o non, influenzato una generazione di artisti quali Pierre&Gille, Paul McCarthy, Cindy Sherman o il nostro Luigi Ontani (e con lui tutta una amplissima schiera di giovani artisti italiani che lavorano ed indagano le proprietà espressive e visive del corpo NdR).
Contrariamente, il merito di aver diffuso al grande pubblico il lavoro di Bidgood va alla casa editrice Benedikt Taschen, meritevole anche per i contenuti prezzi delle sue pubblicazioni, che nel 1999 mette alla stampa una monografia del fotografo-regista americano, rinnovando l’interesse per il suo lavoro al grande pubblico.
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G.R.
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Come Suor Angelica anch'io credo che l'Arte sia universale.
"l’approccio moderno all’arte omosessuale"
E così esiste l'arte omosessuale? Quindi deve esistere anche l'arte eterosessulae, e quella bisessuale? Pensate un po'! E io che credevo che l'arte fosse universale. Non si finisce ma di imparare!!!