Il cielo di Montani è tutt’altro che uno statico fondale
che si accontenta di assistere agli accadimenti della vita. Il suo cielo è un
luogo infinito in cui accadono miracoli visivi, gli stessi che Montani riporta
sulla carta. Sono le nubi, gli squarci siderali, i colori e le palpabili sfumature
che regalano un cielo in movimento, che respira.
Un cielo aperto, dunque, sconfinato e mutevole. Più di
quanto forse siamo soliti pensare e immaginare, dove protagonisti sono le
nuvole, i vapori acquei, le luci, le temperature. Il cielo è il comun denominatore
di questa serie di dipinti tratteggiati su un supporto così materico, ruvido e
scuro quale la carta abrasiva, che qui viene messa a tacere e quasi denaturata
da stratificazioni di tenue colore liquido: olio e trementina.
Una tecnica, questa di Montani, che vuole quasi
riconfermare il divenire costante di questo cielo così etereo e pittoresco, ma
allo stesso tempo anche imprevedibile e violento. E indugiando sulle opere è
facile pensare ai celebri versi di De Andrè de Le Nuvole: “Vanno, vengono, ritornano, e
magari si fermano tanti giorni, che non vedi più il sole e le stelle, e ti
sembra di non conoscere più, il posto dove stai”.
I tumulti di cielo ospitati nella prima stanza della
galleria bolognese, che si tinge esclusivamente di azzurri e di blu, concedono
una tregua per far posto al Quartetto per la fine dei tempi, l’opera più imponente, ospitata nella seconda
stanza di via D’Azeglio. Si tratta di una grandiosa quinta teatrale composta da
quattro lunghe strisce di carta abrasiva dove predominano i colori accesi e
compare anche il rosso, a squarciare quasi l’atmosfera celeste.
Con la stessa forza di un intruso, il Quartetto per la
fine dei tempi
cattura l’attenzione dello spettatore e si ispira chiaramente alla più intensa
e inquietante opera musicale di Olivier Messiaen, scritta nello Stalag VIII, un
campo di concentramento vicino a Gorlitz, in Slesia, nel 1940.
Come il compositore che scriveva musiche di grande
sontuosità e spudorata grandiosità, che andavano nel profondo dell’anima, anche
Montani in questo caso preferisce utilizzare colori molto accesi e opulenti e di
sapore orientale: l’azzurro e il blu che la fanno da padrone nelle altre due
sale della galleria sono quasi abbandonati e travalicati da un rosso sanguigno
e da campiture dorate, come se qui si rappresentasse la terra aggressiva
contrapposta alla calma del cielo.
Il tramite tra i due mondi è forse nel frontespizio della
partitura di Messiaen, che così dice: “In omaggio all’Angelo
dell’Apocalisse, che stende la mano verso il cielo, dicendo ‘Il tempo non sarà
più’”.
Montani
allo Studio Visconti
martina liverani
mostra visitata il 31 maggio 2010
dal 20
maggio al 18 settembre 2010
Matteo
Montani – A cielo aperto
Otto Gallery
Via D’Azeglio,
55 – 40123 Bologna
Orario: da
lunedì a venerdì ore 10.30-13 e 16-20
Ingresso
libero
Info: tel. +39 0516449845; fax +39 0513393794; info@otto-gallery.it; www.otto-gallery.it
[exibart]
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