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Le VHS, questi monoliti neri, queste enormi pedine del Domino pronte a cadere l’una sull’altra in un simpatico gioco. Le VHS che solo l’altro giorno noleggiavamo a tre alla volta nella videoteca di quartiere e che ora fanno parte nell’immaginario collettivo come un oggetto desueto, ma anche piacevolmente vintage. E i video-registratori oggetto del desiderio per i più, normale decoro da salotto per gli abbienti, le video camere delle TV private nate da pochi anni, tutto questo è VHS al MAMbo.
L’avvento delle VHS fu un evento come l’arrivo della televisione stessa o l’arrivo della TV a colori.
La tecnologia avanza e le persone la seguono o viceversa? Chissà!
Sicuro è che visitare il MAMbo per entrare nella Project Room e immergersi in una sala buia, volutamente illuminata solo dalle immagini proiettate sul muro e dai cinque televisori con cuffie a disposizione del pubblico, è un’esperienza molto interessante e suggestiva.
Questo bombardamento d’immagini acide dai colori e dai contenuti acidi sono una scelta coraggiosa per rappresentare un piccolo pezzo di storia che va dal 1995 al 2000, quando le VHS facevano da padrone.
Ma chi ha voluto tutto ciò? Il progetto è di Saul Saguatti (Basmati Film) e Lucio Appolito (Opificio Ciclope) per la Curatela di Silvia Grandi in collaborazione con DAR – Dipartimento delle Arti Università di Bologna.
Ospiti del MAMbo in una Project Room “allungata nel tempo” partita il 13 ottobre e in arrivo il 19 febbraio 2019.
Ma cos’è questo luogo o non luogo del MAMbo? È uno spazio dedicato alla riscoperta di episodi artistici particolari per la città di Bologna, ma non solo e così il Museo d’Arte Moderna di Bologna presenta VHS + video/animazione / televisione e/o indipendenza /addestramento tecnico/controllo produttivo 1995/2000.
VHS+, vista della mostra, foto Giorgio Bianchi | Comune di Bologna
Le VHS ci fecero letteralmente compagnia per circa vent’anni con contenuti come “I Bellissimi di Rete 4”, “le partite d’Italia ’90” e i “film dell’Unità” in un percorso storico e sociale da non sottovalutare, anche se occupò una frazione di secondo rapportato al tempo dell’esistenza della terra. Venti anni sono anche quelli che all’incirca ci separano dalla fine dell’uso di questo supporto filmico. Eppure chi non ricorda con nostalgia queste “scomode” scatolette di plastica che ci scambiavamo, anche se la risoluzione video era bassa, si viravano e si arrotolavano con facilità, ma le VHS e quei cinque anni prima della fine del secondo millennio valgono bene un’experience al MAMbo, uno dei musei più prestigiosi d’Italia e all’avanguardia per l’arte Moderna e Contemporanea. Grazie al Direttore Roberto Grandi e al Responsabile Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Balbi che insieme a tutto lo Staff stanno proseguendo la vivacità creativa che si è sempre respirata in quel di Bologna anche con la presenza di UNIBO e delle sue facoltà un tempo sperimentali e ora attualissime come l’Accademia di Belle Arti, il DAMS e Scienze della Comunicazione.
Ritornando alle VHS e alla “tecnologia giocattolo” di fine millennio c’era una sorta d’individualità nella sperimentazione, piccoli gruppi che non si facevano chiamare per nome di battesimo, ma con un nome d’arte ad esempio marchi come: Opificio Ciclope, Fluid Video Crew, Ogino Knauss, Otolab, e Sun Wu Kung in cui in questo incontro con il passato prossimo si possono conoscere le peculiarità espressive. La particolarità era un mondo ancora “pulito” dai Social Network che erano ancora di più agli albori i primi “spuntarono” nel 1997, proprio in coda al secondo millennio.
In quest’epoca “di fresca espressività” i pionieri di questi laboratori hanno costruito schemi di proiezione nelle loro rispettive residenze: Link Projet a Bologna, Forte Prenestino a Roma, CPA Ex Longilotti a Firenze, Garigliano, Pergola e Milano e rimanevano in contatto anche con creatività europee più d’avanguardia pur mantenendo la loro personalità definita.
L’attrezzatura dell’epoca non dava i risultati che la mente umana aveva già raggiunto, andava in qualche modo “violentata”, era la macchina a dover seguire l’uomo e non viceversa. Era diventato indispensabile sperimentare, combattere, ma farsi amiche macchine come i Commodore e i video registratori che non ne volevano sapere di dialogare.
Questa costanza di tentativi portava a risultati che si possono quasi definire un’evoluzione tecnologica, un miglioramento continuo dato dalla convinzione di questi giovani sperimentatori.
Ma a cosa servivano queste immagini e questi suoni? A riempire il vuoto di una società senza schermi e magari anche schemi, se non la televisione in casa. Schermi in cui ritrovarsi riflettendosi e in cui ritrovare un’identità collettiva.
Eugenia Neri
Mostra visitata il 17 ottobre
Dal 13 ottobre 2018 al 19 febbraio 2019
VHS +
MAMbo – Project Room
Via Don Giovanni Minzoni, 14 Bologna
Orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato, domenica e festivi dalle 10:00 alle 18:30
giovedì dalle 10:00 alle 22:00
Info: 051 6496611 info@mambo-bologna.org