A partire dal titolo,
Worldmaking, la mostra scommette sul possibile non realizzato, ovvero “il possibile altrimenti”. L’idea nasce da uno scritto del 1978,
Ways of Worldmaking, in cui il filosofo Nelson Goodman riconosce all’arte il potere privilegiato di “
fabbricare mondi”. Mondi e universi solo in apparenza simili al nostro, del quale l’arte sa recuperare e ricomporre pezzi sbrindellati. Viene così data vita a nuovi ordini dotati di necessità e concretezza.
Ma è quest’apparente familiarità a rivelare all’osservatore più attento l’inquieta e disturbante non-logica della nostra accidentale realtà. Sono mondi resi possibili dall’esperienza della nostra dimensione attuale, ma allo stesso tempo impossibili nel tempo e nello spazio, costruiti sul paradosso del “se fosse…”. Un gioco da bambini, che evoca il meraviglioso e straniante di Lewis Carroll.
Tre giovani artisti si cimentano con un fare arte democratico, che ripropone il collage nelle sue possibili declinazioni.
Cristian Chironi costruisce le sue immagini fotografiche a partire da una performance, della quale ci è dato un assaggio video. S’introduce nell’album di famiglia a fianco del padre e dei compagni di squadra allora coetanei; fondendo illusoriamente presente e passato, dà vita a una comunione impossibile nel tempo e nella biologia.
Dominique Vaccaro usa il collage nel senso più stretto del termine, come tecnica alla portata di chiunque abbia urgenza di raccontare, di dar forma e figura al proprio universo onirico. Icone ironiche, grottesche e graziose assieme, composte assemblando le immagini fotografiche recuperate dai magazine. Piccoli universi fantastici, caotici e provocatori.
Virgilio Villoresi si confronta invece con i mondi in movimento dell’animazione, oggi probabilmente il campo più ricco e fertile della videoarte. Usando la tecnica dello stop-motion, realizza collage di geometrie a due dimensioni che si scompongono e si ricompongono, raccontando una favola senza fine. Non esiste narrazione ma, come nel gioco o nel sogno, la sua illusione. Fragili figure bidimensionali sono spinte e sospinte dalla fisica virtuale del movimento cinematografico. L’esposizione presenta alcuni dei lavori passati, di pura animazione, e un’opera più recente, in cui un attore in “carne e ossa” è costretto a subire con frustrazione – imprigionato com’è nella realtà bidimensionale dell’immagine fotografica – la medesima sorte delle anime geometriche dell’artista.
La curatela e l’allestimento è firmato dalla vincitrice del concorso per giovani curatori e critici d’arte
A cura di…, Eléonore Grassi. Il concorso, promosso dal comune di Modena su tutta la Regione, intende sostenere e promuovere emergenti e talentuosi operatori d’arte, dando loro visibilità e sostegno economico. Un’iniziativa che offre l’opportunità di valutare la salute del settore nell’essenzialità delle opere e delle idee, a prescindere dalle regole del mercato e dello star system.