Due è il titolo per le due sole ampie
opere, delle stesse dimensioni, poste su due pareti d’angolo nella vasta sala
che la Collezione Maramotti apre a specifici progetti, per lavori creati
appositamente da artisti ospiti.
Con Margherita Manzelli (Ravenna, 1968; vive a Milano)
sono ora esposte due tele a olio: più scuro lo sfondo per Luminale, grandi occhi che aspettano,
un’adolescente quietamente sdraiata, nuda, fors’anche turbata; luminoso Minias, bianco l’abito della figura
appoggiata sul gomito, gli occhi appena ristretti come colpiti dal sole. In
entrambe le tele, condizioni d’irrealtà, corpi segnati da un’indefinita
“differenza”, arcaici e contemporanei, lunari, dalle strane proporzioni, che
fanno pensare anche ad altri mondi, figure/incontri inusuali.
Pattern Room si chiama questo spazio
espositivo unito all’edificio complessivo, la vecchia fabbrica Max Mara
restaurata con infinito rispetto, ma che ha una sua autonomia d’ingresso: in
quest’ampia sala, dove all’origine erano realizzati i prototipi degli abiti,
sono chiamati ora a esporre artisti con opere che resteranno quindi a far parte
della Collezione Maramotti. Zona d’autonomia e di creatività, moda e ricerca
artistica: un dialogo nel tempo. Geometrie in queste due opere
della Manzelli: tante sfere che conservano una loro opacità buia, anche se di
colore chiaro per quel rettangolo su cui poggia leggero quell’essere femminile
dagli occhi spalancati sul mondo, su chi la guarda; verdi/gialli anelli di
catene dalle varie dimensioni come sfondo a quell’altra presenza dalla parvenza
ambigua, dominante il turchese.
Oltre la realtà descrittiva e
l’indagine psicologica. Non esistono ambienti definiti intorno, se non quel
vuoto/pieno di colore. Astrazioni che assorbono la visione, ma che poi invitano
all’osservazione ravvicinata i corpi, le posture.
Sono farmaci utilizzati per sedare
i disturbi d’ansia, problemi legati al sonno, i titoli di queste due opere, che
evocano percezioni modificate della luce e del tempo. E muta anche la consapevolezza
di sé, del corpo, il modo di sentirsi interiormente, nell’apertura agli altri.
Che qui sono gli spettatori/pubblico di quest’esposizione al femminile in
riflessi d’inquietudine.
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da Guenzani
Solo
show al Maxxi
Manzelli
e La Stanza Rossa
valeria ottolenghi
mostra visitata il 12 marzo 2010
dal 27 febbraio al 2 maggio
2010
Margherita
Manzelli – Due
Collezione Maramotti – Max Mara
Via Fratelli Cervi, 66 – 42100 Reggio Emilia
Orario: giovedì e venerdì ore 14.30- 18.30; sabato e domenica ore 9.30-12.30 e
15–18
Ingresso libero
Info: tel. +39 0522382484; fax +39 0522934479; info@collezionemaramotti.org;
www.collezionemaramotti.org
[exibart]
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Quadri stanchi e ripetitivi, un uso dell'elemento decorativo da tappezzeria anni Sessanta che tanti pittori fanno già da anni a cui la Manzelli non è stata in grado di aggiungere davvero nulla di nuovo; è da molto tempo che l'artista ripete la sua figura anoressica e in crisi esistenziale, però ormai sembra che non riesca più a uscire da questo stereotipo, l'arte(e soprattutto la pittura) è difficile, e molto, se mancano le idee; poi se si manda avanti l'idea, anche parzialmente condivisibile, che la tecnica
non conta ma è l'elemento concettuale a nobilitare tutto, allora la questione si complica sul serio e dà spazio a delle riserve inevitabili.
Un'artista che dipinge pochissimo, poche opere, per pochi collezionisti selezionati, ma se questi sono i risultati, cosa fa tutto il resto del giorno? Queste sono opere che si fanno in poche ore. Si annoierà? Mediterà sull'enigma del cosmo? Sulle nevrosi delle adolescenti invecchiate? Su quello che pensano le fidanzate quando baciano? Ah, saperlo...saperlo...
è un pò fastidioso e un pò divertente quando un commentatore ti ruba prima i pensieri e poi le parole.
La pittura è un mestiere che vuole dire esercizio
intellettuale unito quotidianamente ad esercizio
artigianale.
Forse oggi è un mestiere per ricchi che tra una piscina e una vacanza dipingono le due tele che poi risolvono la mostra.
Consiglio per i veri amanti della pittura vera e profonda, sofferta e sublime: andate a caccia di una piccola opera di Marco Luzi.
Poi ditemi...
@Paolo Guglielmo, supercondivido!