Memoria di diverse solitudini, l’
Ombra
della sera etrusca, le lunghe sagome di
Alberto Giacometti: questi i primi, immediati
riferimenti che appaiono alla mente incontrando le opere di
Alex Pinna (Imperia, 1967; vive a Milano)
ospitate per
Tumbleweeds presso la Galleria San Salvatore di Modena, fra le strade strette del
centro, tra portici e grandi portoni.
Ma presto si riconosce, come
sempre, l’autonomia dell’artista nella sua ricerca, che lascia spazio anche al
sorriso. Esplicito a tratti il riferimento al fumetto, non solo perché qui e là
viene citato Felix. E i disegni con sfere/pianeti sospesi in cieli deserti, con
umani che allungano passi nel vuoto in equilibri instabili, ricordano anche
quei re senza sudditi del
Piccolo Principe, solo un numero come nome del regno. Sì:
solitudine, ma anche gioco e delicata ironia.
All’ingresso della mostra
modenese, un ramo a più braccia si protende orizzontalmente;
seduto sopra, in
bilico, una sottile scultura, un essere umano stilizzato,
Upstairs heroes: le opere di Pinna evocano spesso
una sorta di speciale pensosità, voglia di riflessione fuori dal chiasso del
mondo.
Di grande raffinatezza (una
poetica ben definita pur sperimentando diverse forme artistiche, più linguaggi:
disegno e scultura, olio e corda, ceramica e rame), la ricerca artistica di Alex
Pinna si rivela colta, distaccata, sin scherzosa, anche quando si coglie nelle
sue opere una sorta di smarrimento, spesso le sue immagini come ombre in
equilibrio instabile. Numerosi i riferimenti alle stagioni, al tempo che muta,
le parti del giorno e dell’anno.
E la sua mano nera che si protende
all’esterno, bronzo patinato, con appoggiata una candida perla, s’intitola
Alba. Forse
metafora più squisitamente legata al proprio impegno artistico, la figura di
corda intrecciata che pare volersi arrampicare alla parete, raggiungere un’alta
meta, riuscendo però solo a strappare la candida tela di un quadro. Davvero
ogni opera – disegno o scultura – pare nascere da una storia, o si offre
comunque come stimolo di possibili narrazioni.
Bella, efficace, l’immagine
dell’invito alla mostra, con cespugli trascinati dal vento lungo una strada
deserta,
tumbleweeds, a sintetizzare comunque la solitudine, anche quando le cose, le
persone appaiono simili, unite dalla medesima sorte. Ma non pare ci sia
tristezza.
Una sorta di fragilità si avverte
anche nella scultura in bronzo
Due, dove le figure vicine si toccano, parendo quasi
sostenersi reciprocamente: ma sono di spalle, senza sguardi che si sfiorino,
che possano condividere la consapevolezza di quel comune destino. La stessa
poetica si riconosce nei disegni, a volte più cartoncini in parte sovrapposti:
omini sottili, solitari, che allungano passi tra i pianeti, oppure che stanno
quieti, come in attesa.