A Palermo, alle spalle di Piazza
San Francesco, sorge l’Oratorio di San Lorenzo, sta lì dalla fine del
Cinquecento. Verso la conclusione del secolo successivo viene affidato a
Giacomo
Serpotta il
compito di realizzare la decorazione scultorea del complesso con le storie
della vita di San Lorenzo e di San Francesco e con la rappresentazione delle
VirtĂą cardinali.
Ne viene fuori un impianto in
stucco emozionante e drammatico, che mette in scena la vibrante energia del
periodo barocco e di un gusto personale che già tende al rococò. Un bianco
accecante è animato da giochi di luci e ombre, dal movimento simulato che
percorre le figure, dai panneggi e dagli elementi fitomorfici che accompagnano
e incorniciano la narrazione, fungendo da raccordo, talvolta separando le
storie dei santi.
Carla Mattii (Fermo, Ascoli Piceno, 1971; vive
a Milano) sembra quasi aver isolato dal catalogo i dettagli floreali, le piante
piangenti, gli allori, le storicamente pretestuose e leggere concessioni al
piacere visivo, oggi nuove protagoniste della storia e dei ragionamenti
dell’artista. Cambiano i tempi, però, e cambiano i materiali. E mutano,
inoltre, motivazioni e metodi di realizzazione.
Le sculture di Mattii sono,
infatti, in nylon e resina. Raccontano una natura che si presenta di per sé,
con le sue lusinghe, la fascinazione di una vegetazione in salute, di una
decorazione che dona godimento allo sguardo, che diventa oggetto di desiderio.
L’utilizzo severo del bianco, in una tavolozza rigorosa e unidirezionale,
lascia pensare alla scultura classica a chi è in cerca di rassicurazioni, ma in
realtĂ vuole significare ben altro. Rappresenta, infatti, un enigmatico
paesaggio esangue, artificiale, a cui è stata sottratta la clorofilla, che
appartiene a un vissuto diverso dal nostro, a un mondo da laboratorio, in cui
le forme del creato sono state catalogate, ricreate e riprodotte.
E per chi avesse ancora dubbi,
Mattii presenta i suoi “studi”, quadri serigrafati in cui i meccanismi della
codificazione prendono forma in affascinanti, ma nel contempo inquietanti,
sezioni in 3D di organismi vegetali, poi oggetto delle sue sculture.
L’imitazione della bella natura, oggetto di tenzoni teoriche secolari, assume
così un carattere scientifico, quasi maniacale. Avviene dall’interno, attraverso
la manipolazione tecnologica del soggetto, la sintesi dell’idea platonica della
natura, la produzione di nuovi innesti, in una sorta di nuova genetica
concettuale.
Ciò che resta della tradizione è
un approccio rigoroso verso la scultura, un’attenzione certosina per il
dettaglio, una certa inclinazione per immaginari al tempo stesso seducenti e
crudeli, un’attenzione particolare (anche se autoironica e femminile) alle
dinamiche della creazione e ai quesiti esistenziali che esse nascondono.