Quando i carri armati invasero piazza Safarik e le vie di Bratislava, lui era lì. Il suo obiettivo era pronto.
Ladislav Bielik (Levice, 1939 – Budapest, 1984) documentò con sguardo scientifico quell’agosto rovente del 1968. Fu l’artefice di quelle immagini che fecero il giro del mondo e che permisero di scoprire che nell’Europa dell’Est stava accadendo qualcosa di rivoluzionario e irreversibile. Un evento, macchiato dal sangue di civili uccisi dalle truppe russe, che avrebbe segnato la storia di tutta la politica internazionale degli anni seguenti.
Sulle copertine del quotidiano slovacco “Smena”, ma anche del “Welt am Sonntag” e del “New York Times”, la fotografia di un giovane che offre il proprio petto al cannone di un carro armato. Al suo fianco, con la medesima carica di coraggio, anche Ladislav Bielik. Il fotografo slovacco perse il lavoro a causa di quegli scatti, che per anni furono dimenticati in una valigia, finché il figlio li riscoprì e li diffuse dopo il 1989, anno della caduta del muro di Berlino.
A Palazzo d’Accursio sono esposte in modo integrale le fotografie di quella giornata. Si tratta di una mostra prima di tutto storica, piuttosto che fotografica o artistica. Le foto sono di medio formato, una accanto all’altra, su carta di bassa qualità. Niente cornici, niente interruzione tra uno scatto e l’altro. Niente didascalie, ma una piccola brochure per chi vuole conoscere esattamente il soggetto della fotografia.
Un lungo “rullino” di 187 fotogrammi costituisce un percorso a otto al centro della sala. I curatori hanno scelto questa forma per “
rappresentare da una parte il simbolo dell’infinito, come a ricordare la storia che si ripete. E dall’altra il ‘magico otto’ cecoslovacco, ovvero il fatto che perlomeno nel XX secolo gli anni che hanno segnato la storia della Cecoslovacchia terminavano spesso con il numero 8: l’indipendenza e creazione dello Stato Cecoslovacco nel 1918, il ‘tradimento di Monaco’ con l’annessione alla Germania di Hitler dei Sudeti nel 1938, la creazione della Repubblica Socialista Cecoslovacca nel 1948 e l’invasione nel 1968. Qualcuno si spinge a inserire nell’elenco anche il 1989, anno della caduta del muro di Berlino e della ritrovata democrazia, che comunque contiene il numero 8”.
L’esperienza consigliata è quella di seguire il percorso espositivo senza sosta, come se fosse un film. Le immagini parlano da sole e raccontano i retroscena non ufficiali e umani di quella data ormai segnata sui libri di storia, il 21 agosto 1968, giorno dell’invasione delle truppe russe del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia. Non solo immagini di carri armati, di violenza e folla, ma anche scene intime, di speranza, coraggio e vita quotidiana. Di una gioventù che era cosciente di vivere un momento rivoluzionario. Di soldati russi inviati per stroncare il “socialismo dal volto umano” di Alexander Dubcek, che si rivelano innanzitutto persone, lontane da casa e nascoste dietro una divisa, che si confrontano con altre persone.
La mostra è organizzata dall’Associazione Allegra, che si occupa delle relazioni con la Slovacchia, e rientra in una serie di manifestazioni in occasione del quarantesimo anniversario dell’associazione stessa. La mostra, dopo Bologna, arriverà anche a Torino, Modena, Treviso e Vicenza.