La critica alla comunicazione accelerata dei mass media diviene fonte di ispirazione e stimolo all’evasione. Moda, televisione, pubblicità e marketing si confondono in desolati scenari. Vengono decontestualizzati per trasformarsi in elementi perduti all’interno di deserti esistenziali. Fantascienza, fumetto, arti decorative e nuove tecnologie si intrecciano in questa collettiva bolognese per generare realtà nuove. Mondi paralleli in cui l’immaginario popolare collettivo viene definitivamente alterato.
Adrian Tranquilli (Melbourne, 1966; vive a Roma) racconta, attraverso video, scultura e fotografia, un Batman demitizzato, esistenzialista, abbandonato ed emarginato dal potere politico che lo aveva sempre sostenuto. Un uomo qualsiasi più che un eroe, un barbone che dorme sulle panchine del Lungotevere, una persona disillusa, che ha smesso di credere nelle idee per cui ha sempre combattuto. Veronica Montanino (Roma, 1973) vuole invece “stimolare l’abbandono dello stato di vigilanza” che i ritmi della società contemporanea impongono. Per vincere il razionalismo imperante e accompagnare l’osservatore verso stati di trans-emozionale e concentrazione mistica. Le sue opere in pvc, dai colori sgargianti, si espandono lungo la parete d’ingresso della galleria. Saturano lo spazio, lo aggrediscono per creare una realtà percettiva gioiosa e semplice. Una psichedelia pop, in cui l’uomo si riduce a ombra, a spirito che osserva, dall’interno, i nuovi mutamenti dell’universo.
Massimo Giacon (Padova, 1961), invece, fa entrare l’immaginario fetish e hard del mondo dei comics book americani degli anni Sessanta-Settanta.
Con piglio dissacratorio l’artista ci mostra, attraverso disegni a penna e matita, Olivia e Braccio di Ferro letteralmente compenetrati in atti sessuali acrobatici, fino ad arrivare a Ultimate orgasm (2005) in cui i corpi dei due protagonisti sono divenuti ormai un’entità inscindibile. La libera interazione tra i generi e tra tematiche che appartengono a religione, filosofia ed erotismo fanno della sua opera un omaggio irriverente all’eclettismo della cultura popolare contemporanea.
L’immaginario di Karin Andersen (Burghausen, 1966; vive a Bologna) sconvolge le tradizionali leggi della genetica per dare vita a universi in cui non è più l’essere umano il protagonista assoluto. I nuovi mostri sono animale e macchina allo stesso tempo, creature che contengono solo in parte le vestigia di una lontana morfologia umana. Indossano abiti alla moda, assumono pose glamour, interagiscono, inserendosi in spazi sociali sofisticati che appartengono alla nostra realtà. Oppure sono soli, in luoghi onirici, in scatole spazio-temporali che trasmettono armonia e serenità, e che gridano l’accettazione della loro stessa diversità.
giulia pezzoli
mostra visitata il 16 settembre 2006
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