Il fotografo Lorenzo Capellini lavorando nell’arte come fotografo ufficiale della Biennale, a un certo punto della sua vita ha deciso di diventare artista. Nel suo curriculum spazia dall’arredamento alla politica, dall’architettura al teatro, ma nell’ultima mostra si concentra solo sul nudo. Ha un precedente importante: la mostra “Schiene” tenuta a Padova, che aveva riscosso molto successo e su cui forse Weiermair si è basato per invitarlo a chiudere la stagione erotica bolognese.
Quelle in mostra sono fotografie di grandi dimensioni, in bianco e nero, tutte al femminile, che parlano del corpo e attraverso il corpo indagano l’anima. Sfidando i luoghi comuni, le tracce della personalità non si trovano negli occhi, che sfuggono sempre e non fanno parte di nessuno scatto, e non si trovano nemmeno nei visi, che raramente si intravedono; esse si colgono nei particolari del corpo, nelle forme della carne sporgente dei seni e dei glutei, nelle ombre disegnate sulla pelle da una luce soffusa e in particolare nella sensualità misteriosa delle schiene.
Capellini compie una ricerca accurata per la quale seleziona solo giovani donne che non hanno mai posato prima nude e che conservano quindi un naturale riserbo, una dolce ingenuità e l’incapacità di nascondere il proprio ego davanti alla macchina fotografica. Quello che instaura è un rapporto ineguale, non tra fotografo e modella, ma tra cacciatore e preda, carceriere e prigioniera, burattinaio e giocattolo. Denudare vuol dire in primo luogo disarmare. Non occorre dire chi ha la meglio: l’anima rimane legata a un rullino.
Il senso di smarrimento delle giovani inesperte fotografate è quello che si avverte in misura minore entrando nella mostra. Sala d’Ercole di Palazzo d’Accursio è stata trasformata in un labirinto. Capellini non ha accettato di disporre le sue cento foto in corsie regolari, le ha sparse su pannelli che formano una serie di angoli e di minuscoli corridoi cosparsi di eros. Lo scopo sembra essere quello di creare confusione. Si cerca un ordine logico e non lo si trova. A volte si ritorna indietro per sbaglio, o si scoprono angoli nuovi quando li si ripercorre. Riesce così a creare un effetto di spiazzamento, vincendo anche sul pubblico dopo che sulle sue modelle. In entrambi i casi, però, si tratta di una vittoria truccata e sleale, un dispotismo esercitato attraverso il disarmo o la confusione. Non è una lotta ad armi pari, ma è quasi un attacco, che pur se fatto a colpi di poesia, lascia una sensazione di contraddizione e di incertezza.
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www.lorenzocapellini.it
carolina lio
mostra visitata il 20 febbraio 2004
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