È l’origine del mondo il punto focale dello
Scenario formato dai sei lavori di
Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, Chieti, 1968; vive a Milano). Allievo ed erede di
Luciano Fabro, Caravaggio ha invaso lo spazio della
pattern room della Collezione Maramotti, studiando perfettamente i bilanciamenti e gli accordi tra pesi e misure, per parlare della genesi dell’opera come “principio vivente”. Partendo dalla filosofia del
principio come fine, per ricostruire il mondo di quei filosofi greci che vedevano nei fenomeni naturali un modo per generare stupore.
I materiali utilizzati sono eterogenei: ferro, zinco cromato, marmo, polistirolo. Sono i lavori stessi a formare lo scenario di relazioni cosmogoniche; sono le opere che, da sé, hanno questa capacità, un’attualità e una possibilità temporale. In esse si scoprono altre facce di quello che si percepisce in prima istanza, e tutto ciò va a comporre il sistema solare ricreato da Gianni Caravaggio.
Il volume che accompagna la mostra, edito da Gli Ori, rappresenta una provocazione intellettuale, una sorta di opera d’arte, nonché uno spaccato teorico della poetica di Caravaggio autore, che teorizza sei diversi scenari possibili.
In
Poco prima del sistema solare si diverte a giocare con otto sfere di metallo e un seme di soia, sovrapposti uno sull’altro, a formare una torre in precario equilibrio, ispirandosi ai nove pianeti del sistema solare. In
In un’altra dimensione squarcia una porzione di parete, quasi a volerla trasportare in una dimensione ultraterrena.
In
Principio con testimone, Caravaggio dispone sfere di varie dimensioni per costruire un paesaggio misterioso, non ancora attuato ma in potenza, su una lastra che riporta il calco del selciato dove l’artista ha compiuto i suoi primi passi, mentre un ipotetico
testimone in marmo nero, forma inorganica dotata di fori passanti, simboleggia la prima testimonianza delle tracce di un avvenimento universale.
Altri scenari del possibile si aprono alla visione, come in
Agire come la falce di Cronos, dove una corda arancione scende dal soffitto in bronzo al pavimento, assumendo la forma di una spirale, antica simbologia del tempo; o, ancora, in
Lo stupore è nuovo ogni giorno, opera che prende il titolo da un frammento di Eraclito, un foglio in alluminio verniciato, imbiancato con borotalco, dai cui buchi filtra lo stesso talco che traccia la costellazione astrale della nascita dell’artista.
In catalogo il filosofo Federico Ferrari pone le basi per una dissertazione sul concetto di scenario come spazio possibile, in potenza, per la creazione di un evento o di una possibilità. Lo scenario non riempie la scena, sostiene Ferrari, traccia semplicemente un profilo. Contiene in sé il giudizio, e la necessità. Per vedere il mondo sotto forma di eternità. Così come nell’arte.
Poiché l’arte è proprio questo, ed è tale la nuova sfida del contemporaneo: “
La creazione di uno scenario che non si dà mai come già definito e i cui confini restano incommensurabili”.
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che noia mortale, autoreferenziale alla nausea.