Shozo Shimamoto (Osaka, 1928; vive a Nishinomiya) e
Yasuo Sumi (Osaka, 1925) sono i protagonisti di due mostre che costituiscono il risultato performativo di un’idea di arte che è tecnica e, nello stesso tempo, manifesto di poetica.
I presupposti del loro agire artistico risalgono alla metà degli anni ‘50, quando per opera di
Jiro Yoshihara nasce il Gruppo Gutai. Qui sono gettate le basi per un movimento votato alla tensione pittorica, alla libertà totale dell’azione coloristica e a una dimensione dell’individuo-artista radicalmente nuova. L’azione nell’arte e nella pittura non è tuttavia una novità: basti pensare al Futurismo, al Dadaismo, fino ad arrivare all’Action Painting, per citare le avanguardie più note. Ma tra questi movimenti e gli artisti del Gruppo Gutai c’è una differenza di fondo, ossia la teorizzazione della combinazione assoluta tra la casualità dell’azione e l’elemento naturale, anche quest’ultimo inteso nella più assoluta imprevedibilità.
L’effetto è il frutto palpabile e visivo di un pensiero che mette al centro
un’azione-in-pittura e che trasforma il gesto performativo in opera. È quello che è successo a Pieve di Cento, dove i due artisti ultraottantenni, campioni dell’arte giapponese post-bellica ma soprattutto post-atomica, hanno agito pittoricamente davanti a un pubblico attento e divertito.
Shimamoto, con le sue
bottle-crash fatte deflagrare sulle grandi tele poste a terra, ha una particolare gestualità nel lancio, quasi un rituale creativo in cui l’espressione del volto e la bocca aperta fanno pensare al fluire di un afflato spirituale. D’altro canto, Sumi, dopo aver lanciato il colore sulla tela, interviene con le mani, usando anche una sorta di pettine piatto per striare la tela, facendo subire al colore un’evidente coercizione cromatica, a differenza dell’operato più aleatorio di Shimamoto.
Al termine della performance, le tele su cui è caduto/gettato il colore e dove poi si è intervenuto vengono tagliate in forme prevalentemente quadrate e subito intelaiate. Sono quindi allestite le mostre e la post-azione esposta invita a riflettere sulle infinite possibilità e varianti che possono nascere nelle future ripetizioni delle azioni. I titoli sono tutti uguali: nella fattispecie,
Magi e un numero progressivo, a partire dal 901. Ciò che conta è il luogo dell’azione e l’anno in cui è stata realizzata.
Nonostante l’esperienza di Gutai sia terminata, gli artisti che l’hanno vissuta continuano nella scia della sua filosofia, riuscendo a creare un’arte che ha ancora molto dire. Nell’azione creativa, i sentimenti del momento sono fondamentali, secondo quanto dicono gli stessi artisti. Gli stati d’animo sono una miscela di disperazione, ilarità o irresponsabilità, come dichiara Sumi, e l’azione nasce nella piena libertà d’espressione di questi stessi sentimenti. Nulla è mai identico e i processi creativi messi in atto sono il frutto della differenza nella vita e, allo stesso tempo, della ripetizione del concetto d’azione che sta alla base della poetica Gutai.