La grandezza di
Giorgio Morandi ha sempre oscurato il fermento
artistico della Bologna della prima metà del Novecento, come se i numerosi
artisti allora attivi non potessero aspirare a nulla di meglio che a un ruolo
di comparsa. Se molti di questi nomi, purtroppo, rimangono ancora nell’oblio
della storia dell’arte, come quello di
Laura Emiliani, altri, come
Alfredo Protti,
Giovanni Romagnoli,
Garzia Fioresi,
Guglielmo Pizzirani e
Adolfo Busi, hanno goduto di una discreta notorietà,
percepita fin dal tempo in cui parteciparono, tra 1913 e 1916, alle mostre
della Secessione romana.
Tra questi scapigliati, antiaccademici aperti alle
ricerche cromatiche della pittura francese, un posto di primo piano spetta a
Carlo
Corsi (Nizza, 1879 – Bologna, 1966),
al centro di un’antologica che,
attraverso ottanta opere dal 1900 al 1966, ripercorre le principali tappe della
produzione dell’artista e segue di poco la pubblicazione del primo volume del
Catalogo
generale dell’artista, pubblicato da
Giorgio Mondadori.
Allievo a Torino di
Giacomo Grosso, Corsi prosegue la sua formazione
confrontandosi con la pittura internazionale in Belgio, Olanda e Francia, ove
si avvicina agli echi del Postimpressionismo. Nella Bologna degli anni ’10
avvia una produzione fortemente intimista, che segnerà anche la produzione dei
decenni successivi, fatta di radiose figure femminili, intente perlopiù in
piccoli piaceri domestici – una lettura, un lavoro a maglia, l’ozio, la cura
del corpo (
Alla toilette, 1910) – oppure colte in esterni imbevuti di luce (
Figura con
ombrellino,
1915). Un universo femminile discretamente borghese, alla
Pierre Bonnard, al contempo elegante e
profondamente sensuale, maggiormente avvertibile nelle opere dalle tinte calde,
come
Il fuoco del 1910-12.
I plausi, anche internazionali, non tardano ad arrivare:
nel 1912 approda per la prima volta alla Biennale di Venezia (sarà presente
anche alle edizioni del 1914, 1920, 1922, 1924, 1948, 1950, 1952, 1954 e 1958);
nel 1913 partecipa all’Esposizione internazionale di Monaco d
i Baviera e vince
la medaglia d’argento all’Esposizione d’arte italiana di San Francisco, mentre
dal 1913 al 1916 partecipa a tutte le mostre della Secessione romana. Questo
solo per citare le principali esposizioni degli anni ’10.
Alla fine degli anni ’40 la produzione di Carlo Corsi
segna una svolta, aprendosi alle ricerche sulla materia: oltre a utilizzare
qualsiasi oggetto cartaceo a mo’ di supporto (fogli di giornale, buste e
perfino calendari), a partire dal 1947 avvia una sorprendente produzione di
collage, prossimi alle ricerche dell’Informale. Parallelamente continua le
ricerche sull’intimità femminile, anche riprendendo soggetti già sperimentati
negli anni ‘10, come i diafani profili di donna celati da tende, declinati però
in una maniera più rarefatta, al limite dell’astrazione.
Consacrato nella sua città d’adozione nel 1964 con
un’antologica curata da Francesco Arcangeli, Carlo Corsi si spense due anni
dopo.