L’aspetto principale cui sembra far leva la collettiva Con cura è la riflessione speculativa degli artisti intorno ad alcuni temi fondativi del pensiero umano. Ciascuno si rapporta al concetto di tempo inteso come una categoria assoluta e soggettiva, vissuta interiormente. Una dimensione tutta mentale dunque, dominata dalla stasi contemplativa. L’intimità e il grado di concentrazione suggerito dalle opere esposte rivela la trasformazione del reale come una sorta di atto alchemico, che supera il limite strettamente fenomenologico della materia.
Inevitabile, quindi, la riflessione sul tema metafisico della morte, affrontata da ciascuno in maniera personale: esorcizzandola sul piano logico-matematico (Caravaggio),
La coppia di opere di Gianni Caravaggio (Rocca S. Giovanni, 1968) -il video Sugar no sugar metamorphosis e la scultura/installazione Starsystem– evoca l’instabilità dialettica degli stati di materia, fra ordine ed entropia, e la vertigine di un tempo espanso all’infinito. Le piccole stelle d’alluminio dell’ultimo lavoro, sono elementi accumulati senza un incastro: una colonna di alloggi precari in competizione con la forza di gravità. Rimpicciolendo gradualmente a ogni incremento di piano, ogni corpo mira a toccare la volta astrale -spazio ricorrente nelle indagini di Caravaggio- di cui si riconosce, per omologia formale, il doppio terrestre dei corpi celesti. Il decrescere progressivo della struttura rispetta inoltre il frazionamento a intervalli infinitesimali della spazialità zenoniana, che rammenta –come risulta palese nell’aneddoto famosissimo di
Anche i lavori di Francesco Gennari (Pesaro, 1973) –Specchio e Stabilizzato, entrambi del 2001- presentano una realtà fenomenica bloccata nell’istante di un attimo di vita che elude la caducità del tempo e di ogni apparenza sensibile, sfociando in una anelito all’eterno. La foto di un nido posto in un angolo del proprio gelido studio e il fusto sempreverde di un piccolo cipresso mummificato -funzioni vegetative chimicamente bloccate- sono il paradigma concreto di una temporalità ripetuta nel continuo e immutabile presente. I due Untitled di David Casini (Montevarchi, 1973), un disegno grafico riprodotto con stampa fotografica e una piccola scultura in ceramica dall’aspetto noir, stemperano ogni minuzia tecnicistica in una cornice kitsch. Accade per i profili modanati di sapore retrò che sagomano il quadro così come per il caramelloso edificio alpino su base di quarzo rosa confezionato in una bolla di vetro, come un inflazionatissimo souvenir. Il richiamo a questi dettagli evoca le immagini di un mondo riflesso -come negli specchi e nelle sfere di cristallo dei racconti fantasy- in visioni preveggenti, dove la realtà sta sul punto mediano fra enigma e magia.
alan santarelli
mostra visitata il 25 settembre 2004
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