Lanciare sguardi troppo insistenti al lontano passato e alla tradizione, specie se ingombrante come quella del Rinascimento, può avere come effetto collaterale, oltre al rischio di cadere in anacronistici manierismi oleografici, anche la riduzione della creatività, inaridendosi la vena in imitazioni scarsamente ispirate. Ne sanno qualcosa i bistrattati Nazareni, il cui ossessivo richiamo alle spoglie forme e all’essenzialità della linea del Beato Angelico, di Filippo Lippi, del Perugino, sebbene influente su molta pittura tedesca dell’Ottocento e sui puristi in Italia, si tradusse in un misticheggiante ibrido di spirito patriottico e slancio religioso, creato allo scopo di riportare l’arte –seguendo la lezione degli antichi maestri- sulla via della Verità.
Non sempre, però, com’è ovvio, l’ammirazione per l’antico finisce per perdersi nel cul de sac nostalgico e reazionario. Né nostalgici, né tantomeno reazionari furono i Macchiaioli, che pur mossi anch’essi come i Nazareni dall’attrazione per la purezza del Quattrocento toscano –dell’Angelico, ma anche di Piero della Francesca, di Masaccio, di Paolo Uccello– e da un forte spirito patriottico, non peccarono di elitarismo né si isolarono nell’autocompiacimento estetico, ma anzi si calarono nel loro tempo guardando alla modernità e interpretandone con spirito progressist
Da questo punto di vista, colui che meglio seppe ispirarsi alla cultura figurativa antica interpretando attraverso essa la società a lui contemporanea fu senz’altro Silvestro Lega (1826 – 1895). Nato a Modigliana, nel forlivese, partito da una formazione di stampo purista, conobbe a Firenze, tra i tavolini del Caffè Michelangelo, raduno di artisti e intellettuali, la nuova estetica, tutta toscana, della macchia, della luce cioè che si fa forma attraverso le screziature di colore. Idea che Telemaco Signorini e Giovanni Fattori andavano contrapponendo alla tradizione accademica e un po’ ingessata della linea, della prospettiva e del chiaroscuro. Tra gli ultimi ad aderire al movimento dei Macchiaioli, Lega ne diventò alla fine protagonista assoluto. Lo dimostra ancora una volta la rassegna a lui dedicata nei rinnovati spazi del complesso di San Domenico a Forlì, e curata da Fernando Mazzocca e Giuliano Matteucci con Antonio Paolucci a capo del comitato scientifico (catalogo Silvana Editoriale).
Ma la mostra non si limita, come la solita monografica, a riproporre le opere più celebri del pittore: le sue sessanta tele sono infatti poste a confronto con i lavori di altri “compagni di macchia” quali Fattori e Signorini, Cizeri, Banti, Borrani, Abbiati, Cecioni, Cabianca, Puccinelli e Zandomeneghi, permettendo di coglierne la peculiarità, e cioè la poetica maggiormente propensa all’interpretazione di sereni (e a volte ingenui) sentimenti quotidiani. Riportando sulla tela riti e affetti della borghesia di provincia, Lega ne divenne in qualche modo -e forse suo malgrado- il cantore. Quale miglior dimostrazione del celeberrimo Canto di uno stornello? Ma proprio l’osservazione di quest’opera, che può considerarsi il suo capolavoro assoluto, ci dà modo di cogliere in tutto il suo peso il legame dell’artista con il Rinascimento, evidenziato già da Diego Martelli: Ambrogio Lorenzetti nella prospettiva rovesciata, Piero della Francesca nel diagonale della tastiera e nella luce argentata, persino Sandro Botticelli. Un universo pascoliano, fatto di “modesta onestà” (come disse lo stesso Signorini), destinato però a svanire ben presto.
Negli ultimi anni della sua vita, costellati dall’incomprensione di un mondo che lui per primo, svanite le illusioni di progresso e democrazia, sentiva ormai lontano, la macchia diventa pennellata pastosa e quasi dissolta. E la sua Scellerata (dipinta nel 1893, due anni prima della morte per un male incurabile), evoca con la sua levità melodica le note impressioniste della Pavana di Faurè.
elena percivaldi
mostra visitata il 31 marzo 2007
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Condivido al 100% i giudizi dell'Autrice, grazie per la puntualità e la precisione dell'articolo.
mario ti suggersico di leggere gli articoli di paolucci e mazzocca sul sito della mostra. dicono esattamente le stesse cose. un po' di originalita a volte non guasterebbe ma ormai anche qui dicono tutti le stesse cose...