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“Underflow” di Liliana Moro, una corrente contro la corrente, quella maglia che non tiene nell’uniforme pastello del trasparente quadro contemporaneo. Cammino sulla pedana di legno che è stata costruita a qualche centimetro sopra il livello del pavimento della galleria, non me ne accorgo subito, poi capisco che i passi che risuonano netti e forti negli speaker sono i miei, mi viene da saltare come farebbe un bambino scoperto il gioco, ma non è consigliato, si deve passeggiare con discrezione e auscultare i propri passi, entrare in sintonia con il semplice atto del camminare e muoversi da un punto all’altro della superficie. Mi sento quasi levitare come se fossi in un acquario – complice il grigio perla omogeneo di pavimento e pareti – e mi sento protagonista in quel piccolo teatro ove i sensi si attivano e sono ricettivi, ormai fuori dal livello quotidiano e distratto del semplice esistere. Intorno a me gli oggetti della messa in scena: un “polittico” composto da 5 riquadri iconici e un melograno per ciascuno, il bianco su sfondo nero piatto è stato dato con uno pennarello dalla punta grossa che segue la linea panciuta del frutto in modo meccanico e misurato. Poco lontani, due grossi melograni in terracotta nera ripresa dalla tecnica di cottura giapponese raku, la cui origine è legata alla cerimonia del tè, che rimanda all’essenzialità della ritualità di gesti e degli oggetti semplici propria dello spirito zen. Nel frutto della passione è stato scavato un buco, come se un becco acuminato avesse ferito quel grumo compatto di materia, “è un simbolo della violenza sulla natura perpetrata dagli uomini” afferma l’artista.
Liliana Moro, Underflow, vista della mostra
E poi nell’ultimo spazio una teca protegge come se fosse una reliquia un mattoncino di arena grossa di fiume bagnata con acqua dolce, è una materia che respira e il vapore che crea, appanna leggermente i vetri del contenitore. È l’elemento primigenio del costruire, la base stessa dell’uomo faber che si ripara e che crea attorno a sé il suo mondo, nel mondo. La mostra si intitola “Undreflow” ed indica una corrente sotterranea che scorre invisibile, ma percettibile fino ad essere assordante. E ritorniamo a noi, gli spettatori che ci sentiamo e sentiamo, metafore del rumore cittadino protagonista fin dall’invito alla mostra, della vita che scorre fuori tra le strade, in città. Vi è allora una delle costanti dell’operare dell’artista: il rapporto tra il dentro ed il fuori, che qui si articola dialetticamente nell’inserzione di spazi negli spazi: dalla città alla galleria, dalla galleria all’opera, al suo contenitore e così via. Tessuto connettivo degli spazi che incanala l’esterno all’interno e lo riporta fuori: il risuonare dei passi. Si tratta di un’altra costante dell’artista sin dal suo esordio a cavallo degli anni ‘90, il suono: canale di connessione per un racconto, una musica, teatro, poesia… Questo implica un forte richiamo al tempo in sé e al suo inevitabile potere di trasformazione, di consunzione, di erosione del mondo e di noi nel mondo. È l’essere-nel-mondo insomma che viene ancora messo in scena, in una scena equilibrata e potente, sottile e precisa come la lama di un coltello. Aspettiamo ora l’intervento di Liliana Moro alla Live Arts Week VII, che si terrà alla Galleria De’ Foscherari, sabato 21 aprile alle 18.00 con la performance Buongiorno. Un periodo particolarmente impegnativo per Liliana: il 24 marzo ha inaugurato alla galleria De’ Foscherari a Bologna, il 12 aprile a Roma, nei “giovedì di Villa Medici” Club to Club insieme a Thomas Hirschhorn, il 17 aprile a Londra alla galleria Almanac, la personale Né in cielo né in terra.
Carmen Lorenzetti
mostra visitata il 29 marzo
Dal 24 marzo al 24 giugno 2018
Liliana Moro, Underflow
Galleria De’ Foscherari,
Via Castiglione 2b – 40124 Bologna
Orari: Lunedì – sabato: 10.00 – 12.30 / 16.00 – 19.30
Info: galleria@defoscherari.com