Sotto il velame del Duomo attelato, saliti gli scalini che conducono a tu per tu con la cupola, dietro l’ultima spirale, ecco la rivelazione:
stabat Nuda Veritas. La Verità, lì da sempre, già svelata. Dai colori, dalla luce e dal virtuosismo compositivo di
Antonio Allegri detto il
Correggio (Correggio, Reggio Emilia, 1489-1534), complici le luminescenze escogitate da
Vittorio Storaro.
Se
Parmigianino è il pittore della grazia, Correggio lo è della luce. Una luce che parte da Leonardo e ci porta a
Carracci e a
Caravaggio. Ma mentre per il lombardo è rivelazione del portento, della chiamata divina, e lascia in ombra brutture e miserie umane, per l’emiliano avvolge e accarezza la sensualità delle tizianesche forme (
Venere e Cupido addormentati,
Educazione di Cupido) oppure narra il mistero assoluto della maternità (
La Madonna adorante il bambino degli Uffizi). Solo nell’
Adorazione dei pastori il bagliore accecante che promana dal Bambino rivela una deità, un
monstrum non tollerabile all’occhio umano: la pastorella nell’angolo non comprende e strabuzza gli occhi, infastidita o incredula. Ma è l’eccezione, non la regola.
Tutto questo e altro ancora offre la mostra di Parma. Un evento che fa parlare di sé, senza bisogno di sensazionalismi e polemiche su veri o presunti falsi (lo ha fatto Sgarbi il giorno dell’inaugurazione, ma senza dire a quale quadro si stesse riferendo, né chi fosse l’autore: la solita
boutade pubblicitaria?). Basta guardare le opere. Basta lasciarsi trasportare.
Non c’è molto realismo, nel Correggio. Non è un pittore della realtà. E non è un pittore barocco. Manca quasi del tutto l’ostentazione, il dramma, la quinta teatrale. Anche laddove il tema lo consentirebbe (
Martirio di Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino), lo spruzzo di sangue dei decollati resta nell’angolo in basso a destra, vinto dalla serena accettazione dei santi, trasfigurati in Cristo, al centro della scena. Tutto è ascesi, ordine, pace. Con una sola eccezione: lo stravolgente
Compianto sul Cristo morto della Galleria Nazionale di Parma, pregno di un dolore inaudito che affiora, più che dai volti di Maria e della Maddalena, dalle palpebre semisocchiuse del Redentore. Tutto però è, anche, pura gioia e sensualità, come nel celeberrimo
Giove ed Io o nel
Ganimede: quella maliziosa lingua del volatile che lambisce il polso del fanciullo è il grazioso
lepos, sebbene in chiave omosessuale, di Catullo. Ma senza i suoi aspri tormenti.
Le opere esposte, per la magistrale curatela di Lucia Fornari Schianchi, consentono di riconoscere il debito che Allegri contrasse con gli artisti a lui coevi: si è detto della luce, si aggiungano gli sfumati raffaelleschi, gli audaci scorci prospettici del
Mantegna, la sensazionale tavolozza veneta, quest’ultima apprezzabile, in mostra, dai confronti col
Pordenone, con
Cima da Conegliano e con l’ambiente ferrarese del
Garofalo e di
Dosso Dossi. Con Stendhal si ripete entusiasti che Correggio “
coi colori ha saputo rendere determinati sentimenti che nessuna poesia può esprimere”.
Non lo si crede? Si torni alla cupola del Duomo. Un’audacissima costruzione di volti e figure di santi e angeli sembra risucchiarci, come una spirale, verso l’empireo invaso dalla luce dello Spirito. Più si sale verso l’alto, più la materia viene meno, fino a dissolversi nell’infinito del cosmo. Un
itinerarium mentis in Deum. “
Riempite la cupola d’oro”, disse
Tiziano, “
e non sarà mai pagata abbastanza”. Di questo sconvolgente virtuosismo si ricorderà, forse, il
Guarini nella cupola torinese della Sindone. Pura metafisica. Terminata la visione, vorremmo uscire come Dante a riveder le stelle. Invece, con Leopardi, ripiombiamo nell’infinita vanità del tutto.
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Mi sono emozionato tantissimo a leggere questo articolo, adesso andrò a vedere la mostra. Grazie. Seba
Vivo volentieri in questa bella città accanto a queste fantastiche opere.
Ringrazio l'organizzazione comunale che è riuscita a far riscoprire, oltre che al mondo,a noi parmigiani le bellezze del Correggio.
Consiglio a tutti una visita, per una rivalutazione corretta di quello che è il rapporto uomo-arte e uomo-bellezza cosa che purtroppo vedo dimenticata e per comodità accantonata.
Ridiamo valore alla meritocrazia nell'arte così come in tutte le cose e sopratutto alla bellezza.
Ho visto la mostra venerdì, splendida!
Da non perdere.
effettivamente..
La mostra sul Correggio è tanto bella e ricca quanto disorganizzata, almeno per quanto riguarda il Palazzo della Pilotta (le visite alla cupola della Cattedrale erano gestite piuttosto bene).
L'organizzazione alla Pilotta invece era scandalosa: staff scortese e sbrigativo, nessuna brochure degna di tale nome, scarsissime spiegazioni sulle opere e nonostante questa lacuna non c'erano nemmeno le audioguide per tutti. Inoltre dentro il Palazzo della Pilotta si gelava e le luci in molti casi erano disposte malissimo.
Giustamente molti visitatori erano inferociti. Per non parlare del guardaroba obbligatorio dove si faceva la coda al gelo e dove - piccolo dettaglio-in certe ore non c'era posto... insomma una figura ridicola. Se si organizza un evento del genere con una pubblicità che inevitabilmente porta un'affluenza altissima, bisogna anche esser all'altezza.