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fino al 25.V.2008 | Joan Miró | Ferrara, Palazzo dei Diamanti

di - 21 Marzo 2008
Spesso interpretata attraverso un’ottica “bipolare” -dalla mostra Magnetic Fields curata da Rosalind Krauss e Margit Rowel a New York nel 1972 al recente libro di Rémi Labrusse, Miró. Un feu dans les ruines– l’opera di Joan Miró (Barcellona, 1893 – Palma de Majorca, 1983) è stata ed è tuttora letta attraverso modelli ermeneutici dicotomici. Alla ricchezza narrativa e quasi miniaturista del Miró “proliferante” o “terrestre” del 1925-30, Krauss e Rowel contrapposero il Miró “vuoto” o “costellato”, precursore dell’astrattismo americano degli anni ’50. Allo stesso modo, ma con differenti conclusioni, Labrusse costruisce una bipolarità in base alle due principali “fonti” d’ispirazione dell’artista: Mont-roig e Parigi.
La mostra a Palazzo dei Diamanti, a cura di Tomás Llorens, raccoglie alcuni tra i pezzi più belli della produzione artistica di Miró, per tracciare un percorso omogeneo che sviluppa e approfondisce uno solo di questi poli: il legame con la terra, il proliferare. Nelle opere ispirate all’ambiente rurale catalano di Mont-roig come Terra arata del 1923-24 (dal Guggenheim di New York) o Il cacciatore degli stessi anni (dal MoMA) la terra è madre, fertile generatrice, origine e termine di tutte le cose. Da essa possono nascere creature sinuose, chimere colorate, ibridi animali e vegetali, forme in fluttuante mutamento ancorate al terreno solo attraverso fili sottili, come in Paesaggio con coniglio e fiore (1927) o nelle due versioni di Paesaggio catalano e di Testa di contadino catalano del 1924 (dalla National Gallery di Washington e dal Museo Tyssen-Bornemisza).
Resa attraverso ampie campiture di colore, la terra di Miró è surrealista e cubista, generosa e invadente allo stesso tempo: è uno spazio ricco, aggettante, a volte scomposto e frammentato (come in La contadina del 1922). Ne sono esempi ancora più evidenti i collage, gli assemblage e i dipinti-oggetto dei primi anni ’30, creazioni che, eredi delle influenze Dada, trasformano la terra in materia, oggetti trovati, ossa, chiodi e corde.
Con lo scoppio della Guerra civile spagnola, essa diviene patria e morte. Nelle opere inneggianti all’indipendenza e alla libertà e nei paesaggi infernali popolati da danze macabre, Miró utilizza colori violenti, disegna esseri mostruosi e aggredisce la tela con pece, sabbia e ghiaia. Durante la Seconda guerra mondiale, l’artista ridà impulso alla sperimentazione materica, creando forme naturali e manufatti primitivi in ceramica e terracotta. Femminilità e sessualità, morte e rigenerazione dominano le opere, spesso monumentali, realizzate dopo il trasferimento nell’atelier di Palma di Maiorca, nel 1956. La terra è di nuovo origine e fine di ogni cosa: dalle due Donne in ceramica e bronzo del 1968, trasformate in primitivi idoli di fango, alle potenti tele del 1973, dominate dal nero dell’ombra, la materia di Miró si espande ed esplode, nasce, muore e si trasforma.

La mostra si conclude con la serie dei Sobreteixim, sperimentazioni polimateriche di tessuti, corde e fili disposti come sensuali fiori appassiti. E con la grande tela Figure e uccelli nella notte (1974), un inno all’oscurità e alla vita, alla natura terrestre del mondo.

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Joan Miró 1956-1983 alla Fundació Joan Miró di Barcellona

giulia pezzoli
mostra visitata il 23 febbraio 2008


dal 16 febbraio al 25 maggio 2008
Miró: la terra
a cura di Tomás Llorens
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d’Este, 21 – 44100 Ferrara
Orario: da martedì a giovedì ore 9-20; venerdì e sabato ore 9-22
Ingresso: intero € 10; ridotto € 8
Catalogo Ferrara Arte
Info: tel. +39 0532244949; fax +39 0532203064; diamanti@comune.fe.it; www.palazzodiamanti.it

[exibart]

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  • "Ottica bipolare, modelli ermeneutici dicotomici, proliferante o terrestre." Poveri critici, cosa devono dire per campare. Per me sono costretti a scrivere in questo modo. Voi che ne dite cari "ipocondriaci alliteranti"?
    Lotta contro all'uso indiscriminato di termini pomposi

  • ...già come se fosse antani...
    se non scrivono la supercazzola non si sentono realizzati, si vede che funziona ancora...
    il buon Tognazzi l'aveva già capito da tempo...

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