Come un
grande libro pedagogico che trasmette antichi-nuovi valori: sono le tele che
l’artista marchigiano ha dipinto quattrocento anni fa, quelle che
Giovan
Battista Salvi detto il Sassoferrato (Sassoferrato, Ancona, 1609 – Roma,
1685) ha consegnato alla storia.
Il suo
volto è quello che ci rimanda un
Autoritratto, forse l’unico esistente,
conservato agli Uffizi. È l’immagine d’un uomo senza tempo: i baffi, il
pizzetto sottile, nessun riferimento simbolico, nessun cenno espressivo, lo
sguardo deciso, dritto verso l’interlocutore.
Allievo
del
Domenichino a Roma, un preraffaelita, un purista che dipinge l’anima dei suoi personaggi,
lo spirito che alita la vita. Le sue celebri Madonne, di cui è ricca
l’esposizione, sono figure da cui si ricava bellezza e spiritualità: traspare,
dallo sguardo che va oltre il materiale, la consapevolezza della missione che
la Vergine è chiamata a compiere. A delineare il profilo di Maria sono le mani
timidamente giunte, i polpastrelli che si sfiorano appena, lo sguardo profondo
e sereno di chi si affida a qualcosa di grande e sicuro.
Della donna che
accetta di operare per un disegno divino, senza nemmeno chiedere il perché.
È
l’atteggiamento di umiltà, di serena accettazione delle cose che il
Sassoferrato riesce magicamente a raccontare. E la
Madonna col Bambino
benedicente sembra voler lasciare a quest’ultimo
il ruolo di protagonista.
Un
grande quadro, con una cornice dorata in stile barocco, accoglie il visitatore
all’ingresso del palazzo che ospita la mostra: è la
Madonna in adorazione
del Bambino, con
un’espressione di coinvolgimento e tenerezza, con il blu intenso del mantello,
il bambino nudo, addormentato nel suo splendore. Di nuovo, la scelta del colore
cattura l’attenzione: è il blu intenso che torna nella sublime immagine della
Madonna
orante e la luce
come aureola che riflette l’interiorità. Così l’intensa cromia del velo, ancora
blu, che scende sulla fronte della
Vergine orante, detta
Mater Dolorosa, un altro capolavoro della mostra,
conservato nella Pinacoteca comunale di Cesena.
C’è,
nella lezione del Sassoferrato, che dipinge quando il gusto del Barocco avanza,
un aspetto di modernità: il suo
Angelo entro una ghirlanda di fiori,
creato
insieme a
Giovanni Stanchi, sembra nato nel nostro tempo.
È l’intensa
tonalità dei colori che danno vita ai suoi quadri a guidare il percorso:
il
rosso e il blu con cui dipinge gli abiti dei suoi personaggi e della Vergine,
l’incarnato roseo e compatto, qualche volta più smorzato. Sono i colori, i
volti che l’iconografia religiosa ha utilizzato per diffondere capillarmente
messaggi e preghiere in Italia ed Europa: fu il Papa cesenate Pio VII
Chiaramonti a commissionare un disegno tratto da un dipinto del Salvi per
originarne una calcografia. Così ebbe inizio, nell’Ottocento, la divulgazione
popolare del Sassoferrato.
La
mostra propone altre tele di artisti come
Simone Cantarini e
Guercino, per un viaggio fra volti e
sguardi che continuano a parlare agli uomini e alle donne degli anni Duemila.