Anne e Patrick Poirier (Marsiglia 1942; Nantes 1942) lavorano sin dagli anni Settanta sui temi della memoria e del recupero delle fondamenta del nostro essere. Storia, memoria, archeologia e fragilità dell’esistenza costituiscono alcuni dei temi chiave attorno cui ruota la loro riflessione sin dagli esordi. Ancorata caparbiamente alle stesse tematiche, affrontate nei decenni attraverso forme e materiali mutevoli.
Alla galleria Studio G7, dove i due hanno esposto in numerose altre occasioni, mettono in mostra opere che sono una lampante testimonianza del progressivo smaterializzarsi della loro arte, nella quale resta tuttavia intatto lo stretto e tradizionale legame con la classicità.
La coppia dà il via alla propria ricerca artistica alla fine degli anni Sessanta con un lavoro -con molti debiti nei confronti dell’arte concettuale- sulle rovine architettoniche greche e romane e la loro ricostruzione in miniatura, nella convinzione che la “natura umana sia fatta di memoria e dimenticanza, le quali costituiscono l’essere”. Oggi dei modellini di siti e rovine celebri è rimasta solo l’essenza. Molti dei lavori appaiono infatti come memento mori scarnificati, ad assumere una forma lapidaria, privati delle metaforiche immagini evocative e mutati in solitarie parole che rimandano ad epitaffi scolpiti nella pietra. Ma che invece si stagliano labili su sostanze tanto deteriorabili quanto il loro senso.
In mostra ci sono opere realizzate nel 2006 appositamente per questa occasione: alcuni candidi calchi (un cervello, un occhio) fatti con materiali fragilissimi, e ovali in vetro colorato (quasi specchi privati del potere di riflettere) usati come supporto a parole connesse tra loro da linee in modo enigmatico.
In una serie di acquerelli su carta di riso, poi, la rappresentazione ha lasciato il posto posto alla scabra semplicità delle parole “caos”, “malinconia”, “storia”, “natura”, “serenità” e “rivelazione”, con il colore che scivola via rimandando ad un’immagine che non c’è più. Nello spazio dell’ex falegnameria è invece esposta una serie di tende di vari colori dietro cui si celano superfici specchianti. Qui si riflettono, oltre al visitatore, le parole “sparire nel silenzio”, ricamate sul tessuto e leggibili nella giusta direzione dietro il suo volto.
Protagonisti in contemporanea della personale La fabbrica della memoria presso La Limonaia di in provincia di Pistoia, i Poirier hanno da sempre un rapporto privilegiato con l’Italia sin da quando lavoravano alla riproduzione di siti archeologici. Nel nostro Paese hanno realizzato alcune opere pubbliche, tra cui la colonna classica (Exegi Monumentum Aere Perennius) che accoglie i visitatori del Centro Pecci di Prato, immortalata nel momento della sua caduta, con i singoli rocchi che franano a terra. In quel lavoro paiono essere condensati sia gli stilemi che le tematiche della loro ricerca. Che se da una parte pare voler cogliere e fissare il nostro essere nel suo rapporto con il tempo, dall’altra ha la consistenza di un’immagine riflessa e la solidità di una scultura vuota. Ridotta a pareti di carta di riso.
valentina ballardini
mostra visitata l’11 ottobre 2006
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