La ricerca di quei non luoghi generatori di contrasti e
contraddizioni conduce
Francesco Jodice (Napoli, 1967; vive a Milano) alla realizzazione
di tre film documentari, esercizi di antropologia urbana dove la spiegazione
didascalica lascia il posto alla poetica dell’autore: la costruzione di un
disagio percettivo. “
Attraverso sovraesposizioni che sospendono i personaggi
nel paesaggio, ho realizzato documentari che preservano il carattere
cinematografico, mettendo in dubbio l’attendibilità di quel che si vede”.
Intrecciando il reportage all’inchiesta, il gusto
fotografico del dettaglio al montaggio tipico del videoclip, Jodice crea un
ibrido tra un prodotto cinematografico, un’opera d’arte e un documentario. Il
risultato è eccellente, anche per l’interesse visivo e iconografico, sociale e
urbanistico del materiale da cui parte per la ricognizione.
Ogni film affronta un tema di carattere sociopolitico con
frequenti aderenze alla geografia, all’urbanistica e all’ecologia. “
Mi
interessa studiare le metropoli dove sono in atto dei cambiamenti nella
struttura sociale, economica, politica, religiosa e culturale. Credo che i
grandi sommovimenti sociali implichino l’apparizione di una nuova immagine
urbana”, spiega
l’artista. Il paesaggio urbano, infatti, è il prodotto non solo di scelte
politiche e architettoniche, ma anche del riallestimento compiuto da chi lo
abita, attraverso i propri bisogni, le proprie pratiche, le proprie visioni.
Queste due dimensioni, di regolazione gerarchicamente imposta e di
riorganizzazione e appropriazione dal basso, producono paesaggi reali non
sempre pacifici, ma – come emerge da questi tre racconti – spesso carichi di
contraddizioni, conflitti e, in definitiva, di narrazioni.
Sao Paulo_Citytellers ha come tema l’auto-organizzazione civile e
privata di un territorio socialmente esplosivo, dove 18 milioni di persone si
trovano nella necessitĂ di dar vita a sistemi di convivenza, sicurezza e
auto-espressione. Di fronte al vuoto politico del governo istituzionale si
crea un sistema anti-democratico in cui a far da padroni sono ricchi
professionisti e delinquenti. Si profila un paesaggio violento dettato da
desideri privati e individualistici.
Di gran lunga il migliore della trilogia,
Aral_Citytellers documenta la devastazione e
l’abbandono compiuto dall’Urss dei territori kazaki intorno al lago Aral, dove –
nonostante le difficoltà dovute all’aridità provocata dal prosciugamento del
lago e i rischi per la salute dovuti all’inquinamento batteriologico e chimico –
gruppi di nomadi resistono, testimoniando quella che l’artista definisce una “
archeologia
dell’umanità ”.
Dubai_Citytellers inquadra i costanti paradossi di una dimensione
parallela dove alla propaganda di un paradiso del lusso e della ricchezza si
accosta un lato oscuro fatto di povertĂ e miseria al limite della dignitĂ
umana:
new slavery.
Il miracolo di una strabiliante fondazione urbanistica nel deserto, dove
spiccano alcuni esempi della piĂą avanzata sperimentazione architettonica e
ingegneristica, che è stato realizzato attraverso la speculazione e lo
sfruttamento.