Largo ai giovani. La Collezione Maramotti apre il nuovo spazio per mostre temporanee,
Pattern Room, rivolgendosi al nuovo, rimanendo fedele a un livello internazionale e commissionando opere che andranno ad arricchire il corposo patrimonio visivo.
Ed è un giovane dall’opera veramente singolare, se non altro per il procedimento di strutturazione della stessa, il portoricano
Enoc Perez (San Juan, 1967; vive a New York), che omaggia il territorio italiano riproponendo una personale interpretazione di un pezzo di architettura contemporanea -progetto commissionatogli due anni fa, ancor prima che l’artista raggiungesse fama internazionale con un’importante mostra all’Mca di Miami nel 2007-, un esempio di come certo razionalismo possa integrarsi perfettamente all’ambiente naturale.
Casa Malaparte a Capri, uno dei capolavori dell’architettura moderna, progettata da
Adalberto Libera per Curzio Malaparte, un parallelepipedo che s’impone dall’alto di un promontorio roccioso, una casa non accessibile al pubblico e nemmeno visitabile, è da sempre una sorta di ossessione per Perez, come lui stesso afferma.
Realizzandone dunque due versioni pittoriche di grandi dimensioni, una diurna e una notturna, basandosi su materiale fotografico e suggestioni cinematografiche -ricordando che fu scelta da
Godard nel 1963 durante la ripresa del film
Le MĂ©pris, basato sul
Disprezzo di Moravia- l’artista rende omaggio a una vera icona della modernità .
Un edificio suggestivo presente oramai nell’immaginario collettivo, che diventa quasi un luogo metafisico nella mente dell’artista, che ne fornisce due rappresentazioni se vogliamo simbolicamente antitetiche: il giorno è più essenziale e comporta una descrizione più intellettuale, con colori accesi; la notte invece ha una connotazione maggiormente psicologica e allucinata, nell’addensarsi nel buio delle varie gradazioni di blu, illuminate da una luce lunare. La resa è bidimensionale, quasi come se la casa fosse ritagliata in mezzo allo sperone di roccia e si cristallizzasse nella visione mnemonica.
Un linguaggio, quello adottato da Perez, che prevede un procedimento alquanto complesso, giocato su sovrapposizioni di strati di colore, partendo dal ricalco a matita del contorno della figura fotografica scelta. Una modalità compositiva che sceglie come motivo iconografico una specifica architettura, che l’artista successivamente trasforma in una sorta di metafora ideologica ed emotiva. Una pittura che imprime meccanicamente anziché dipingere, al modo di una fotocopiatrice, che si nutre del dettaglio fotografico per la resa coloristica e le diverse combinazioni cromatiche.
Enoc Perez rinnova così l’antico atto del dipingere aggiungendo il dato tecnologico e meccanicistico della riproduzione fotomeccanica, costruendo un quadro e nello stesso tempo distaccandosene, creando una implicita distanza. E se la procedura può risultare fredda e meccanica, in realtà il risultato è del tutto emozionale, l’impronta decisamente evocativa e il rimando è dichiaratamente riferito a una dimensione interiore.
L’icona architettonica diviene quindi archetipo enigmatico, mentre si erge isolata come una nave fantasma in mezzo alle rocce. Quasi come un’apparizione dechirichiana.