La prima produzione artistica di
David Tremlett (Saint Austell, 1945; vive a Bovingdon Herts) è legata agli studi di scultura presso il Royal College of Arts di Londra e si costituisce di oggetti creati con il ferro, la grafite e il grasso per motori. Negli anni ’70, con i primi lunghi viaggi (come quello che lo portò dall’Inghilterra all’Australia in autostop per raggiungere la sua famiglia), Tremlett modifica gli strumenti di lavoro per ovvi motivi di praticità: grafite, fogli e cartoncini diventano i mezzi privilegiati di una ricca e costante registrazione di eventi, luoghi, situazioni ed emozioni. Le linee dell’orizzonte, le curve del paesaggio, il volo degli uccelli, i colori delle terre incontrate si trasformano in semplici forme geometriche, superfici colorate, intrecci di traiettorie.
Si potrebbe dire che il vagabondare di quegli anni porterà l’artista a definire le basi di tutto il suo lavoro successivo: l’esperienza e l’arte andranno definitivamente a coincidere e si materializzeranno attraverso il semplice sfregamento della grafite sulla superficie della carta.
È solo dai primi anni ‘80 che Tremlett abbandona il piccolo formato, che aveva prevalso nella produzione precedente, per cimentarsi con supporti di grandi dimensioni. Sono infatti di quel periodo i primi
Wall Drawing che, attraverso ampie e uniformi campiture di colore, modificano lo spazio in cui s’inseriscono, ne modulano la scansione architettonica e i volumi, avvolgendo lo spettatore in antichi rimandi e nuove visioni. Al principio la gamma cromatica dei pigmenti si limita a tonalità naturali: il grigio della pietra e del metallo, il marrone del legno, richiamando ancora una volta gli elementi di una pratica sculturea, non pittorica.
Poi i viaggi e la conoscenza diretta di opere della grande tradizione (gli affreschi di
Giotto e
Piero della Francesca sono solo uno dei possibili esempi) influenzano e ampliano la tavolozza dell’artista inglese. Verdi, rossi e gialli compaiono così nei disegni su carta e nelle opere su vasta scala, che oltre ai muri e ai soffitti iniziano a invadere i pavimenti e le vetrate, riversandosi nello spazio come partiture musicali. La stesura dei colori è effettuata direttamente con le mani, per permettere alle superfici di assorbire il pigmento in modo completo e uniforme grazie al calore del corpo e, ancora una volta, per instaurare un rapporto diretto con la materia del supporto scelto.
Per la mostra bolognese, Tremlett ha eseguito una serie di interventi suddivisi nei due spazi della galleria. Un grande
Wall Drawing ricopre le pareti dell’ex falegnameria, mettendo in risalto la pianta quadrata della sala e la sua apertura verso l’esterno. Figure geometriche verdi, grigie e porpora fanno capolino lungo i muri, collegate da una spessa linea nera; rimbalzano e fluttuano nello spazio come se stessero danzando intorno al pubblico in ingresso. Dall’altra parte della strada, una serie di recenti disegni su carta di medie e grandi dimensioni animano entrambi i piani dello spazio della galleria: i
Wall Forms che riproducono le forme e i colori di alcuni recenti
Wall Drawings si alternano ai disegni sui quali la superficie uniforme e monocroma dello sfondo sembra esser stata “graffiata” dalle punte dei pastelli.
Ad aprire e chiudere questo secondo spazio espositivo sono due lavori meno recenti,
Languages (Afghan) for a wall e
Wall of broken lines, due opere imponenti che sembrano richiamare le origini stesse della produzione artistica di Tremlett: le esperienze vissute in terre lontane, la magia, la purezza e le difficoltà incontrate nei luoghi attraversati.