Lo studioso francese Roland Barthes scriveva nel suo saggio Il Sistema della Moda che “la Moda tende a ‘recitare’ l’indumento più che a fabbricarlo”. Beverly Semmes (Washington, 1958; vive a New York) nelle sue opere sembra portare alle estreme conseguenze questa analisi. I suoi abiti oversize appaiono come gli attori senza volto di un dramma che li vede in cerca di un’identità persa o mai avuta, effigi di una società contemporanea che tende a soggiogare l’individuo attraverso i suoi stereotipi.
L’artista american, che all’inizio della sua carriera lavorava con materiali naturali come rami, paglia e fil di ferro, ha cominciato dagli anni Novanta in poi a concentrare la sua ricerca artistica sull’abbigliamento femminile: la critica finì subito col definirla una “scultrice femminista”. Utilizzando materiali come la lana, il velluto e l’organza, la Semmes esagera le proporzioni, fino a creare abiti che occupano stanze intere e che finiscono per diventare metafore di natura, rievocando paesaggi di laghi, alberi e cascate. È il caso dell’opera progettata per questa sua seconda personale presso la Galleria Marabini di Bologna. Petunia è il titolo dell’installazione concepita per l’apertura della mostra: un’indossatrice, con un abito di tulle rosa di gigantesche dimensioni, è rimasta immobile per quasi due ore al centro della galleria. Giocando sul tema della femminilità l’artista ha ideato un’esposizione multidisciplinare, presentando tre grandi stampe litografiche, due sculture in vetro e due abiti-sculture.
Le sculture della Semmes non ci rassicurano, perché
chiara forti
mostra visitata il 6 febbraio 2007
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