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artisti hanno cercato di dialogare con alcuni spazi “chiave” della città ,
all’interno di un unico concept espositivo,
Here & Now, qui e adesso. Il percorso, com’è giusto, irradia
da Piazza Maggiore, centrale a livello geografico e simbolico, andando poi a
espandersi progressivamente fino a raggiungere l’aeroporto Marconi.
Nel Palazzo del PodestĂ occhieggia
da una vetrina il video di
Whettnall,
Conversation Piece I, un controverso braccio di ferro
tra universo maschile e femminile, un tentativo reciproco di aggressione e
umiliazione, tra due poli uguali e contrari. Alla Sala Borse,
Linberg crea un’installazione suggestiva,
di grandi dimensioni. Una colata di colori primari percorre un fascio di fibre
in vetro, investendole di un’affascinante texture, tuttavia casuale. La pozza
che si crea alla base è ugualmente aleatoria, il movimento che attraversa la
struttura impercettibile, la relazione con le vestigia del passato che la
biblioteca cela, in un malizioso vedo-non vedo di vetro opaco, armonica.
Mentre
Cagol fa il verso a
Nauman con
W, sulla facciata di Palazzo Re
Enzo,
Passarella con
Jeratica riassume
nei simboli della religione indĂą, e nel confronto con la nostra cultura, anni
di guerre di religione, di ottusitĂ , ma anche di facile fascinazione. Ma
soprattutto si interfaccia con il catalogo dei linguaggi massmediali in un
crossover fra tradizione, misticismo e pop culture.
Il cortile del Palazzo del Comune
ospita il
Senza titolo di
Vedovamazzei e
Il Gatto dorme rotondo di
Giuseppe Maraniello, un bronzo monumentale che
racconta la lotta senza fine tra l’uomo e il suo doppio animale, nel momento in
cui la metamorfosi è in atto. Spostandosi, ma di poco, s’incontra
Speleotema
di
Simeti che
ripropone, in una complessa
architettura, l’impianto decorativo del soffitto dei portici
dell’Archiginnasio, tra vele e crociere, motivi fitomorfi e venatori e
l’illusione ottica di un doppio tridimensionale. In Piazza De Calderini
Kaikkonen recupera, invece, il motivo
dell’albero della vita medievale per costruire un frequentato networking di
anime; per metonimia intreccia quindi una grande corona di identitĂ umane, un
girotondo di t-shirt, che dal tronco raggiunge la sommitĂ .
Al Museo Archeologico i
TooMattos,
Roxy in the Box e
Carlo Rossi (con commento di Anita Pepe),
sviluppano ulteriormente la storia di Jèrome e Berenice, due emigranti francesi
nell’America degli anni ’30, che si confrontano con le dinamiche della
solitudine, dello spaesamento, con il desiderio di sentirsi a casa e di
costruire la propria quotidianitĂ , in un universo estraneo e, talvolta, ostile.
Nello stesso spazio,
Barry X Ball fissa nell’eternità del marmo i volti della storia
dell’arte contemporanea. Qui è
Matthew Barney il soggetto prescelto, raccontato
attraverso un prisma di personalitĂ , dalle poliedriche, antitetiche facce.
Bevilacqua tesse, infine, la trama di una
sceneggiatura che, come sempre per l’artista americano, trae i suoi spunti dal
cinema, dalla fiction, dal patrimonio musicale che – dai Joy Division ai Nine
Inch Nails – fa da colonna sonora alle sue partiture. Così lo spettatore è
chiamato ad assistere a un evento sacrale: sette guerrieri, sette muse
immutabili dell’underground stipulano il patto di sangue nell’attimo che
precede la battaglia. Il tempo si è congelato, è diventato eterno; le affiche
invocano una vittoria certa, imminente, ma non ci è dato di sapere cosa
realmente accadrĂ . Siamo chiamati a vivere il momento, non a consumarlo.