Una camera dipinta di segni. Multipli curiosi a metà tra l’arredo e l’opera d’arte. Fotografie dove la finzione è vera protagonista. Tre sale per tre artisti.
La scommessa della Galleria Civica di Modena è notevole, il risultato di alta qualità. Il raddoppio dello spazio espositivo, che si affianca alla grande mostra sull’Action Painting al Foro Boario e al secondo capitolo sulla Pop Art nel 2005 alla Galleria Civica, segna un momento culturale decisamente vitale per la città e un netto cambio di cilindrata.
Il grande evento che segna l’apertura delle Sale Nuove della Galleria Civica in Palazzo Santa Margherita a Modena, nato dalla collaborazione tra Galleria Civica e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è la mostra Trilogia, riferita ai tre ambiti disciplinari che costituiscono la natura stessa delle Raccolte della Galleria Civica e che troveranno il loro luogo espositivo permanente proprio nelle Sale Nuove di Palazzo Santa Margherita. Tre mostre per tre discipline diverse rappresentate da tre altrettanto maggiori esponenti sul campo.
In primis i disegni ruvidi e primari di Mimmo Paladino racchiusi in una stanza realizzata da lui stesso nel 1981, come unicum nella sua produzione, in occasione della mostra per Modena Transvanguardia Italia/America, e rivisitata con un piccolo intervento nel 2004. I segni primordiali -che determinarono negli anni ‘80 il ritorno alla pittura dopo l’overdose di arte concettuale e poverista- diventano oggi reperti-documento straordinari di un’estetica ben precisa, come segni ritrovati nella memoria. E il ricordo dell’opera, Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro, rifatta oggi a memoria e ri-datata, vero manifesto di poetica del tempo ha la potenza come una
La grafica è rappresentata da Richard Artshwager, uno dei protagonisti dell’arte statunitense del dopoguerra, presente nei maggiori musei del mondo ma curiosamente visto pochissimo in Italia. Oltre che alle opere grafiche di estrema raffinatezza, l’artista si dedica alla produzione di multipli sull’idea di oggetto d’arredo e struttura, trasformandone il senso e mantenendone l’ambiguità dell’uso. La mostra, realizzata in collaborazione con Brooke Alexander editions di New York, presenta nell’opera grafica ad acquaforte o puntasecca una ricerca iconografica su più registri, velleitariamente intellettuale, dove l’immagine e la nozione non sono scindibili fra loro.
Infine la fotografia è rappresentata dall’opera dissacrante di Olivier Richon, direttore del Dipartimento di fotografia del Royal College of Art di Londra e uno degli innovatori del linguaggio fotografico degli anni ’80, inteso come un “theatre of rappresentation”. Facendo leva sul potere destabilizzante, sull’artificiosità dell’immagine, sulla citazione ironica della tradizionale natura morta, Richon compie un’operazione metaforica e ambigua che rende protagonisti animali spaesati all’interno di contesti apparentemente normali. Che in realtà altro non sono se non rappresentazioni simboliche dell’uomo e del suo modo fittizio di porsi nel mondo reale.
francesca baboni
mostra visitata il 18 novembre 2004
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E per gli stakanovisti dell’arte c’è anche Pollock…
E per chi deciderà di passare il finesettimana a Modena ci sarà un buon motivo in più. Inaugura infatti sabato 20 novembre al Foro Boario (Via Bono Da Nonantola, info: 059-220022, www.mostre.fondazione-crmo.it) la mostra Action Painting Arte americana 1940-1970. L’evento, curato da Luca Massimo Barbero e promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena in collaborazione con la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, presenta 90 pezzi. Da Pollock a Kline, da de Kooning a Marca-Relli.
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