Resta ancora avvolta nel mistero la ragione e il vero mandante di quel 2 novembre del ’75 quando, tramite un tg si annunciava la tragica morte di Pier Paolo Pasolini. A riscattarlo da quella fine violenta, almeno con il gesto della memoria, ci prova la città di Bologna che ricostruisce al museo MAMBO la sua intera vicenda artistica e biografica.
Con la mostra “Officina Pasolini” viene narrata a tappe serrate la complessità della sua personalità di poeta, regista e intellettuale. E lo fa rimescolando tutte le carte in gioco, dal cinema ai documenti d’archivio (come la pagella scolastica), dai flash dei suoi interventi politici (il celebre “Io so”) alla rivisitazione teatrale, dal cinema ai libri. Il gioco è a perdere ma reimmette al centro della storia d’Italia il ruolo di un uomo che amava il calcio, la vita, la bellezza e senz’altro anche Bologna. Ed è proprio la città delle due torri che lo ha visto correre tra i suoi portici, da quelli su via Zamboni, a piazza Verdi, luoghi universitari frequentati da Pier Paolo che ora gli rendono omaggio nel tentativo di restare il più possibile fedeli ai fatti e alla natura eclettica di questo genio della parola.
La densa esposizione infatti ricalca il suo stile cinematografico manierista ed eccentrico. Non a caso sono riferimenti figurativi del film La Ricotta sia Pontormo (una foto lo documenta) che Rosso Fiorentino, i pittori più dissacranti del ‘500. Il piano sequenza delle sale museali è scenico e teatrale, trasfigurato come una navata di cattedrale romanica, l’intero spazio è suddiviso secondo concatenazioni di frammenti audio, narrativi, visivi. Senza privilegiare nessuno dei codici espressivi che Pier Paolo maneggiava con abilità, si apre il teatro di vita pasoliniano.
Dopo la prima sala che vede documenti e foto di lui bambino, nella seconda già si entra nel vivo della mostra. E nel buio dello spazio espositivo più intimo, apparecchiate come su balconate, tra decine di manichini muti, si susseguono una dietro l’altra, foto in bianco e nero che riesumano la bellezza lirica di Maria Callas nella Medea rivisitata da Pier Paolo, o quella più borgatara di Mamma Roma (con Anna Magnani) o di Accattone.
Ancora più in alto, a ideale matroneo con affaccio sulla navata centrale, brevi filmati da Salò a il Vangelo secondo Matteo (le cui trame già basterebbero a individuare nel perbenismo made in it. una delle cause dell’omicidio). In un angolo più defilato invece sono esposte copie originali degli appunti del romanzo incompiuto Petrolio, ma anche le prove del suo amore per la letteratura e la fotografia. Ci sono infatti gli scatti di Dino Pedriali, così intensi e fisici che, a conferma del talento del fotografo, colgono in pieno la magnetica corporalità di Pasolini e l’energia perturbante del suo sguardo sulle cose e sulle persone. L’Officina Pasolini che prende a prestito il titolo della rivista Officina Ferrarese di Roberto Longhi, suo maestro, resta aperta fino al 28 marzo a raccontare il vasto laboratorio di idee pasoliniano: un universo dove la strada e la vita si sono talmente intrecciate con la pagina scritta da varcare tutti i confini delle arti. Riaprire il caso Pier Paolo a 40 anni dalla scomparsa, anche con una mostra come questa bolognese, può avere ancora un peso sulla nostra Italia dalle belle statuine. Forse per risvegliare con la sua coscienza libera, un popolo di navigatori, santi e poeti che non solo ha dimenticato la sua storia ma che così facendo respinge di nuovo nel Lete infernale un uomo come lui. Uno che, come pochi, poteva consegnare pagine come Le ceneri di Gramsci, la cui potenza espressiva è ancora capace di scalfire, ma solo in superficie, la grettezza e l’ipocrisia di una monolitica società come quella italiana.
Anna de Fazio Siciliano
mostra visitata il 31 gennaio
Dal 18 dicembre 2015 al 26 marzo 2016
Officina Pasolini
MAMBO
Via Don Minzoni 14
Orari: martedì, mercoledì e venerdì h 12.00 – 18.00
giovedì, sabato, domenica e festivi h 12.00 – 20.00
Critica, storica dell’arte e redattrice per prestigiose riviste di settore (Exibart,Art e Dossier, Finestre sull’arte) ha all’attivo numerosi articoli e interviste a galleristi (Fabio Sargentini), direttori di Musei (Anna Coliva) curatori (Alberto Fiz), vertici di società di mostre (Iole Siena, Arthemisia Group e Renato Saporito, Cose Belle d’Italia). Da tempo collabora con la Direzione della Galleria Borghese con la quale dopo aver prodotto una ricerca inedita sul gusto egizio ha svolto un lungo periodo di formazione. Nel 2015 fonda Artpressagency la sua agenzia di ufficio stampa, comunicazione, critica d’arte e di editing che sta espandendo e che ha visto collaborazioni notevoli con colleghi e musei, istituzioni su tutto il territorio nazionale (MaXXi di Roma, Biennale di Venezia, Zanfini Press, Rivista Segno, ecc.). Lavora come editor per Paola Valori e in qualità di addetta stampa scrive per le mostre di Studio Esseci, Arthemisia, Zetema, Mondomostre, ecc. Tra le pubblicazioni più importanti: “Margini di un altrove”, catalogo della mostra svoltasi nel 2016 a Siracusa in occasione delle rappresentazioni classiche, “History is mine _ Breve resoconto femminile ”: unico capitolo dedicato al genere femminile pubblicato nel libro “Rome. Nome plurale di città” di Fabio Benincasa e Giorgio de Finis, “La verità, vi prego, sulle donne romane”, indagine archeologica e figurativa sull’assenza nei luoghi delle donne nella Roma antica, per FEMM(E)-MAAM ARTISTE. Al momento, oltre all’aggiornamento di Report Kalabria, indagine sulle contaminazioni artistiche contemporanee nei luoghi archeologici in Calabria, si sta occupando di promuovere un progetto originale degli artisti Francesco Bartoli e Massimiliano Moro, anche dei linguaggi multimediali applicati a eventi espositivi. Gli articoli di Anna su Exibart.com