Lo stupore che si prova di fronte alle opere di Enzo Guaricci (1945) non dev’essere dissimile a quello che colpì, nel Settecento, gli archeologi che riportarono alla luce i resti pietrificati –umani quanto culturali- di Pompei ed Ercolano, sepolte dalla rovinosa eruzione del Vesuvio. Oggetti comuni, quotidiani anche quando stravolti nelle dimensioni, trasformati in pietra, in fossile, dall’azione spettacolare qui dell’artista, lì della natura.
La tecnica è presto detta: all’oggetto reale Guaricci esegue un calco in gesso e polvere di marmo, riproducendo così lenticolarmente ogni minima piega, ogni minimo dettaglio, talora avvalendosi –come per la pietrificazione di quadri, giornali ed immagini pornografiche- di procedimenti che immaginiamo essere simili alla fotoincisione su ceramica usata da Bertozzi e Casoni.
Ma la tecnica non è che una parte –pur fondamentale- del suo lavoro. Forte è infatti la meditazione sul tempo e sul concetto di stratificazione. Questo aspetto è lampante ad esempio in lavori come Messaggi lungo la linea di galleggiamento (2001), dove una serie di bottiglie, sospese lungo un’ideale linea, hanno la parte al di sotto di questa pietrificata. E che dire dei giornali fossilizzati che compongono la serie Nel giro di un mese (1999)? Hanno un fascino archeologico che li accomuna ai papiri egizi, ai rotoli romani, ai manoscritti copti…Sono frammenti, reperti di un’era altra, cronologicamente indefinita, forse post-atomica, quasi fossero scoperte di ricercatori futuri.
Il dialogo con l’antico è quindi evidentissimo: Ti specchi ancora come sei (1996) è simile a un affresco strappato da una villa romana. Ma non meno intensa è una dirompente, quanto duchampiana, verve dissacratoria.
Innanzitutto Guaricci ha pietrificato oggetti complessi: una Fiat Cinquecento, una grande ruota di camion sulla quale si muovono variopinte lumache (Ruota per-corsa, 1999) e un tappeto colorato, che sembra quasi volare grazie a un congegno sottostante (Voglio volare, 2001).
Poi all’interno di una serie di opere lo spiazzamento, oltre che dalla pietrificazione, è provocato dalla scala dilatata degli oggetti fedelmente riprodotti. Una moneta da 10 lire raggiunge così il diametro di un metro e mezzo, una lampadina diventa enorme, una pallina da golf altrettanto grande e una matita gigantesca (Caro amico ti scrivo, 2002).
Tra tutte le opere in mostra, le più sorprendenti risultano però essere quelle della serie Mezzi volanti (1998). L’idea solida e pesante della pietrificazione s’adagia qui sul corpo etereo e volatile di un palloncino gonfiato d’elio. Incurante, anzi quasi forte di questo contrasto, il palloncino pietrificato di Guaricci prende comunque il volo (grazie ad un aggancio al soffitto della parete), librando leggero nell’aria il cordoncino in stoffa che lo correda.
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