Norma Mascellani (1909) è un’artista profondamente bolognese. Suoi insegnati sono stati Guglielmo Pizzirani, Giovanni Romagnoli, Augusto Majani, Alfredo Protti e, a concludere questa carrellata della storia dell’arte bolognese del primo Novecento, Giorgio Morandi. Si spiega così la sua adesione ad una corrente profondamente legata all’intimità delle mura cittadine, al lento quanto inesorabile scorrere del tempo, a un vissuto profondamente sentito e, in parte, patito. E’ un’intimità che predilige i soggetti minimi di morandiana memoria, come fiori, conchiglie, vasi, bottiglie.
La mostra budriese propone un’antologia di quaranta lavori eseguiti in oltre sessant’anni d’attività artistica, che hanno visto la Mascellani partecipare con successo alle Quadriennali romane fin dal 1935 e ad alcune Biennali dal 1940, per ricordare solo i primi, importanti riconoscimenti critici. In particolare l’antologica è incentrata su tre temi iconografici, che sono la chiesa di San Luca a Bologna, i paesaggi e i fiori.
La chiesa progettata negli anni venti del ‘700 da Francesco Dotti e corredata da un lunghissimo quanto spettacolare portico che la rende immediatamente riconoscibile, è un tema assai caro ai pittori felsinei. La Mascellani affronta il soggetto in svariate opere in modo personale e mai anedottico, sfumando le tinte al limite dello sfaldamento, della luce pura. Ma la chiesa, nella lunga serie di olii ad essa dedicati, è sempre riconoscibile nelle linee del suo profilo, tanto da assurgere a carattere di icona, al pari delle innumerevoli Isola di San Giorgio di Virgilio Guidi o dello spettro -per altro simile a quello di San Luca- della Montmartre dell’école de Paris.
Il paesaggio di Mascellani, secondo tra i temi proposti nel percorso, sembra in apparenza seguire due direzioni opposte. Da una parte i paesaggi di terra hanno tonalità più cupe, materiche, d’un naturalismo schietto, tutto emiliano; dall’altra, come nel caso delle innumerevoli marine, le visioni sono tonali, guidiane, con le luci diafane, pure, tra cielo e mare, e orizzonti vasti anche quando narrano scene di porto. E’ una pittura dai molteplici rimandi –a Morandi e alla tradizione bolognese, inoltre anche a Gianfranco Ferroni– ma pur sempre personalissima, vissuta in modo profondo e intenso, che si rivela forse maggiormente nella serie delle nature morte.
Ci si stupisce così nel vedere affiancati, ambedue avvolti da un alone di mistero, due mazzi di fiori, l’uno del 1940 e l’altro dipinto non più di due anni fa. Sembra di essere di fronte alla coerenza morandiana in versione femminile, materializzata in una patina intimamente tonale che avvolge gli oggetti ritratti: fiori colti nella loro fresca giovinezza come nella polvere della decadenza, sparute bottiglie, conchiglie, secchi cardi carichi di poesia.
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Gianfranco Ferroni
Giorgio Moranti
Bibliografia
Norma Mascellani – Anna Baldi, Oltre il colore, Betagraf, Bologna, 1997
duccio dogheria
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