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fino al 29.II.2004 Pierpaolo Campanini Bologna, GAM – spazio aperto
bologna
Macro-forme misteriose e strutture assemblate in maniera assurda e paradossale. Due sono le incognite: la simulazione e la disfunzionalità. Attraverso una grande abilità pittorica, un viaggio nell’universo oggettuale di Pierpaolo Campanini…
Alla sua prima personale, curata da Guido Molinari, allo Spazio Aperto –che si conferma luogo attento alla giovane arte italiana e in particolare dedicato alle nuove presenze artistiche nel territorio– il giusto riconoscimento a Pierpaolo Campanini, tra gli artisti più interessanti nell’utilizzo del mezzo pittorico con soluzioni nuove e inaspettate, senza veicolare una figuratività di matrice neoconcettuale fine a sé stessa o referenziale rispetto al reale, ma legata all’immaginario contemporaneo e lontana da quel realismo mediale che negli anni scorsi ha riscosso ambigue fortune.
Campanini è nato a Cento (fe) nel 1964, dove vive e lavora, e persegue sin dagli esordi un percorso coerente e in bilico tra pittura e fotografia, realtà e finzione. Dai modellini dei Lego agli ultimi sviluppi della sua ricerca. Con immagini fredde, sintetiche e formalmente maniacali, frutto di una tecnica elaborata – sia per la presenza della pittura ad olio che per una processualità singolare. In questi ultimi lavori (legati ad una strana storia, di ritrovamenti di meteoriti, avvenuta nel bolognese intorno al 1824), rappresenta una serie allucinata di oggetti eccentrici, curiosi assemblages di quelli che si ritrovano in qualche seicentesca “Stanza delle Meraviglie”, assolutamente non utilizzabili come strumenti funzionali e sospesi tra gli ‘oggetti d’affezione’ di memoria dada e una simulazione virtuale di scenari futuribili e primitivi al tempo stesso. Strutture non-sense rivelano accattivanti componenti ludico-ironiche e sembrano uscite da qualche strano e affascinante laboratorio, nate dalla mente di qualche costruttore impazzito che non riesce più ad attivarle.
E Campanini costruisce realmente i suoi oggetti, come avveniva nelle copertine dei giocattoli smontabili dei suoi primi interventi accompagnati da un sonoro simile al rumore bianco e sempre abilmente simulati. I nuovi aggregati polimaterici non sono rielaborazioni computerizzate, nonostante la parvenza cristallina ‘ad alta definizione’, ma assurde concrezioni che l’artista crea, poi fotografa e successivamente dipinge in un processo lungo ed elaborato. Sottolinea questa modalità la soluzione espositiva che mostra i tanti scatti fotografici disposti disordinatamente su un piano inclinato e retroilluminato, una sorta di macro-visore che ne rivela la formula, quasi si trattasse di un segreto alchemico, dello svelamento di un procedimento che ha il sapore della scoperta. I colori sono acidi, artificiali e proprio la componente sensuosa della gamma cromatica insinua dubbi molteplici nella resa formale fredda e distaccata. Le immagini lenticolari e traslucide di grande limpidezza percettiva sembrano generate al computer, vi aleggiano atmosfere sintetiche e soffocanti, scandite da una temporalità sospesa, realizzate invece attraverso la tecnica ad olio tradizionale. Lenta e manuale persistenza della pittura.
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Bologna, Spazio Aperto, Galleria d’Arte Moderna, Piazza Costituzione, 3
A cura di Guido Molinari
Orari mart/dom 10/19 e lunedì 13/19
Tel.051 502859 – fax 051 371032, e-mail: ufficiostampaGAM@comune.bologna.it
[exibart]
Il fatto che Campanini fosse praticamente estinto e che poi, magicamente, sia resuscitato proponendoci perfino una mostra alla GAM, mi riempie di speranza per il futuro.
..aspetta e spera!