Arduo parlare di un artista come
Hermann Nitsch (Vienna, 1938), per la diffusa repulsione che suscitano le sue opere. Come quando, per la prima volta nel 1962, lanciò del sangue sulla tela dal titolo
Blood Organ e si portò con sé processi e tre pene detentive. Comunque li si giudichi, i lavori di Nitsch sono un colpo allo stomaco, che sconvolge perché mescolano la carne morta con la carne viva e il sesso con la morte, come solo la cinematografia di
George Romero, di
Sam Raimi o di
Peter Jackson è in grado di fare.
A differenza però del puro cinema splatter disgustoso e delirante, il lavoro di Nitsch pretende di andare oltre, combinando il sacro e il profano per trattare i tabù di freudiana memoria, già fonte di ispirazione del dripping di
Pollock. Col Wiener Aktionismus, insieme a
Günter Brus,
Otto Mühl e
Rudolf Schwarzkogler, Nitsch offre una risposta estrema e amplificata rispetto allo svelamento dell’inconscio nel gesto automatico dell’action painting.
In mostra
Orgien Mysterien Theater, il teatro delle orge e dei misteri con cui l’artista presenta una nuova forma di arte totale che coinvolge i cinque sensi, inducendo lo spettatore e l’attore a far affiorare uno stato di eccitazione psico-fisica. A catalizzare per primi l’occhio sono gli straordinari
Schüttbilder, i dipinti versati: tele, cioè, intrise di sangue essiccato, che espongono una tunica impregnata di colore, simulacro di religiosità dell’evento messo in scena.
Oltre a destreggiarsi fra tele e collage, Nitsch ricrea una sorta di sabba teatrale di tortura che coinvolge una nutrita troupe di attori, impegnati a seguire passo dopo passo precise istruzioni. Alcuni sono completamente nudi, crocifissi e bendati, su cui vengono adagiati corpi macellati di animali, attorno ai quali si aggirano vorticosamente altri attori in tuniche bianche che fungono da boia e che, al suono di un campanello, affondano le loro braccia nelle interiora degli animali schizzando sangue ovunque. Decisamente singolare l’effetto, che tanto ricorda l’interpretazione del mito di Leda e il cigno di Otto Mühl in un cortometraggio che ritrae un gruppo di uomini che si scagliano contro un’oca, la fanno a pezzi, la mordono, e infine la ingoiano, mentre una ragazza suona placidamente il violoncello.
Questa potenza distruttiva accomuna i due artisti, che esasperano decisamente la distruzione e la morte: nel caso di Mühl in modo caotico, nel caso di Nitsch in maniera sapientemente studiata. Non si dimentichino le provette il cui contenuto viene versato sui corpi degli animali. Nitsch mira “
a permettere al dionisiaco di irrompere all’esterno del nostro inconscio per rendere visibili aree soppresse di impulsi interiori”. E lo fa, paradossalmente, con metodo e misura.