Stefano Arienti e Cesare Pietroiusti sono artisti diventati noti negli anni ’80. Personalità molto diverse, amici. Per la prima volta collaborano in un progetto ambizioso che ha sede in un luogo pubblico.
Fin dall’inizio della sua ricerca artistica,
Stefano Arienti (Asola, 1961; vive a Milano) si è rivolto ai processi di analisi e manipolazione delle immagini e dei materiali ripresi dal mondo reale, trasformandoli e rendendoli quasi irriconoscibili.
Cesare Pietroiusti (Roma, 1955) si è sempre mosso con estrema originalità sulla linea delle ricerche avanguardistiche, dimostrando grande interesse per le situazioni paradossali, forse influenzato dalla sua professione di psichiatra.
In mostra, quattro opere distribuite con ordine casuale nelle sale del museo: al visitatore la possibilità di muoversi tra l’una e l’altra liberamente, “sbirciando” talvolta dal buco della serratura l’operatività del museo stesso. L’opera principale e sicuramente più spettacolare è quella che li vede concretamente lavorare insieme con la collaborazione di alcuni allievi dell’Accademia dei Belle Arti. Si tratta di un
work in progress che si basa sul concetto del “dono”, destinato a giungere a un culmine per poi riazzerarsi e annullarsi in sé, per inevitabile esaurimento.
Oltre duemila disegni a mano libera -un migliaio per ciascun artista- sono appesi in fila e tutti sono a disposizione di chiunque voglia appropriarsene. Disegni eseguiti su fogli di carta, a rappresentare diversi soggetti figurativi: dagli animali alle piante per Arienti, che per la prima volta si cimenta nel disegno a mano libera, a disegni eseguiti con Sangiovese di Romagna e acqua di rubinetto per Pietroiusti.
Il concetto del dono e delle dinamiche che ne conseguono è applicato anche in
Disponibilità della cosa, che questa volta prevede la collaborazione di un legale. Si tratta di una scultura realizzata interamente con banconote da cinquanta euro. Per ogni banconota donata, gli offerenti ricevono un contratto firmato dagli artisti, con il quale è sancito un patto di compartecipazione agli eventuali utili della vendita. In quest’opera si fondono gli stili di ciascuno dei due artisti: le sculture di carte piegate di Arienti (in mostra
Turbine, eseguita con pagine stampate, sul concetto della trasformazione di un libro in un volume plastico) e gli esperimenti per alterare le banconote di Pietroiusti (si ricordi
Integrazione Europea, in cui una banconota da cento euro viene fatta in sei pezzi e poi mangiata da altrettanti artisti albanesi).
Infine, le porte, intese come aperture, passaggi autorizzati o meno ai luoghi di lavoro del museo o ad altri ambienti. È consentito attraversare una porta di servizio che conduce allo spazio retrostante occupato dal laboratorio di falegnameria del museo e imbattersi in una porta originale coperta di graffiti, asportata da Pietroiusti dal bagno di un bar di Radda in Chianti.
Lo SpazioGam inaugura così all’insegna dell’invito alla comunicazione, della compartecipazione ludica tra artista e pubblico. Con opere talvolta destabilizzanti, ma utili a destare ulteriormente l’interesse della città nei confronti di questo museo.