Due progetti differenti confluiscono in un unico percorso espositivo e concettuale, quelli di Annalisa Cattani e Adriana Torregrossa, operanti da anni nel contesto bolognese, di ritorno da un Workshop di fotografia organizzato a Baghdad, con lavori inediti che seguono il motivo del confine inteso come delimitazione, espressione antropologica e spazio-temporale, identità e geografia interiore di un popolo. Adriana Torregrossa, da sempre attratta dalla cultura islamica, dagli stilemi figurativi e iconografici, dagli arabeschi raffinati e popolari, si esprime con operazioni di vario genere: dall’installazione decorativa con un certo compiacimento per la manualità, all’azione ‘forte’ anche politica, come dimostra il suo lavoro più noto, di cui presenta tutta la videodocumentazione. Si tratta di un evento di Pubblic Art che si è svolto nel’99 a Torino, in cui l’artista ha creato le condizioni affinché la comunità mussulmana potesse raccogliersi per la fine del Ramadan, mese di preghiera e purificazione e confronto intenso con la città. L’interesse per il mondo non occidentale, da cui nascono l’invito a farsi fotografare con lo chador o lo skyline del lungomare catanese come assemblaggio variopinto e multicolorato di tappeti orientali, si colloca tra il recupero di tradizioni antichissime e il ruolo della donna, le sue connotazioni politiche, il tutto filtrato dalla propria esperienza culturale. Per Annalisa Cattani invece il confine delimita i linguaggi e i sottesi sistemi di comunicazione; la sua ricerca si sposta sulle relazioni per indagare e abitare la distanza tra le persone e superarla: si può usare una bambola di plastica e farla interagire col pubblico oppure l’artista stessa può inserirsi dentro una lavatrice industriale o all’interno di un pallone aerostatico o ancora ritrarre una persona conosciuta attraverso dei luoghi, capaci insieme agli oggetti di conservare le nostre microstorie quotidiane, come in Farenheit 451 un’installazione di abiti rigidi che emettono flussi sonori, voci confuse e stratificate -al limite del comprensibile- di artisti scozzesi e irlandesi che raccontano le loro storie o nei ritratti realizzati da Franco Gagliardi della scientifica, che ricostruisce i volti di alcuni personaggi letterari, dove quella distanza si può esperire dal punto di vista del tempo e del linguaggio. Di ritorno da una situazione di confine, Baghdad appunto, Annalisa Cattani riporta esperienze, dialoghi e incontri: l’irruzione nello spazio espositivo delle luci notturne e i rumori della città attraverso il video e soprattutto con Once upon a time, una serie di riprese quasi documentarie di persone conosciute casualmente a cui l’artista chiede di narrare una fiaba: l’alone di magia deriva dall’effetto spiazzante, dall’associazione incongrua e straniante della voce di Annalisa che racconta.
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elvira vannini
mostra visitata il 16 ottobre
No border 2002, Annalisa Cattani-Adriana Torregrossa
Ravenna, S.Maria delle Croci, via Guaccimanni 5/7
a cura di Maria Rita Bentini
Ingresso libero
Orari mart/dom 15/18, chiuso il lunedì
tel: 0544482791/482774, e-mail: ufficio.stampa@museocitta.ra.it [exibart]