L’appuntamento annuale che lo spazio votato al design di Otto Gallery dedica ai designer giovani e affermati, dopo la personale del 2003-2004 che ha visto protagonista l’indiano Satyendra Pakhalé, presenta in queste settimane Matali Crasset (Châlons-en-Champagne, 1965). Collaboratrice di Denis Santachiara e poi di Philippe Starck negli anni ’90, la designer ha inanellato una serie di realizzazione notevoli in territorio francese, dall’hotel Hi (2003) a Nizza alla piccionaia Capsule di Caudry (2003), il cui progetto è stato presentato anche sul numero 1 del magazine Sugo.
In mostra una ventina di progetti e due videoproiezioni da Hometrack 01/02. Un mix di “formalismo” ed emozionalità che contraddistingue l’impostazione che la stessa galleria e la curatrice Paola Antonelli perseguono con ottimi risultati. Il titolo della personale è il fil rouge della mostra, cioè un richiamo alla connessione umana, di contro a tanti esempi di algido design ipertecnologico. Così, sin dall’invito, il fattore ludico costituisce lo spirito stimolato da Crasset: un omino sagomato su cartoncino che si può staccare, adornare con disegni e/o frasi, infine attaccare alle pareti della galleria. Quegli stessi omini invitano a scoprire le ideazioni della designer d’oltralpe.
Si spazia così dall’inedita libreria componibile per Duepuntosette (Matalink, 2005) all’installazione realizzata con Ivo Bonaccorsi, dal lettore mp3 per Pika One al prezioso porta carta di credito per De Vecchi. E poi le sedute e i pouf esagonalli (per Dune, Felice Rossi, Digit Space), nonché le lampade per Danese della collezione Evolute (2004). Ma in galleria si potranno ammirare anche lavori risalenti alla fine degli anni ’90, come la radiosveglia Soundsation (1996-98) per Lexon-Thomson, oppure oggetti che non ci si aspetterebbe nella produzione di Crasset, come quelli in cristallo realizzati per la Gandi Gallery di Praga, un diffusore di profumo (2002) e un innaffiatoio (2003); o ancora il magnifico collier Self Loop (2003) per la milanese San Lorenzo.
Dall’altra parte dello spettro, cioè dal lusso al quotidiano, sono visibili due lavori ironici e accattivanti: Can,04 (2004), recipiente in vetro a forma di lattina e dotato di cannuccia, e la candela Homewax (2000), dalla forma che descrive l’infantile silhouette di una casa e raccorda amabilmente due stoppini (entrambi i progetti per Gandi Gallery). Infine, Evolving phytowall che, come emerge dal nome stesso, è una carta da parati gioiosamente fitoforme, realizzata su adesivo pretagliato, per decorare con i verdi e rosa accesi le pareti di un’abitazione sorridente.
In chiusura, le animazioni Space e City (entrambe del 2003) comunicano con chiarezza la visione urbanistica della designer francese, con una connotazione che fa tutt’uno con la sua attitudine sociale e a tinte pastello della realtà metropolitana. E che gli vengano affidati progetti anche nelle nostre città, magari col sostegno del programma “Nouveau Commanditaires” importato in Italia dalla Fondazione Olivetti, è un sincero auspicio. Per una maggiore vivibilità.
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Il sito ufficiale
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