È il viola a imporsi in questi Esercizi di percorrenza. Un colore che porta con sé
l’impeto del rosso, la serenità del blu, elemento purificatore di questa
virginea pittura, a sottolineare l’incantesimo di una nuova creazione. Tele che
traducono paesaggi reali in paesaggi della mente, e il gesto conduce a una composizione
che vive fra reale e immaginario, per raccontare una metamorfosi: quella di un
mondo che Laura Pugno (Borgosesia, Vercelli, 1975; vive a Torino) osserva virtualmente
dall’alto, attraverso internet.
Sono giochi di sovrapposizioni con l’uso del colore e
della carta, per creare sulla tela un gentile effetto materico; è il segno
raffinato della grafite, come nella grande opera Senza titolo, dove il viola irrompe come terra
o mare. Un grafismo modulare che ricorda le sfaccettature dei diamanti. Quello
delle miniere e delle grandi trasformazioni ambientali è un tema caro a Pugno,
che dipinge un paesaggio con una grande diga a effetto tridimensionale, in cui
alita un brillante colore arancio.
Nella sua poetica, come in questo quadro, pulsa una nuova
vitalità; le opere hanno freschezza, risonanza. Attraverso il linguaggio
dell’arte, questa artista che si nutre di appassionate letture, restituisce una
pittura come avvertimento del nuovo. È una geografia dell’anima, un lavoro che
si configura come studio e riflessione, dove il sentire, l’emozione, la
passione sono controllati da un preciso disegno del pensiero, dal progetto di
una originale architettura compositiva.
Testimonianza di una energia incessante, il nuovo
linguaggio estetico di Pugno crea paesaggi “ove per poco il cor non si
spaura”; un senso
di meraviglia si trasmette allo spettatore, come nella seconda opera Senza
titolo, dove un’astrazione
dai riflessi viola rimanda all’interno di una mongolfiera. E lo stupore
accompagna il suo viaggio, mentre osserva oggettivamente il mondo esterno, con
quell’ottimismo che la spinge a creare eleganti paesaggi, dove l’uomo
interviene e non appare.
Alla Farnesina è presente l’opera di questa moderna
esploratrice, che lascia una traccia del suo passaggio, come il racconto
dell’uomo di Altamira, senza “avere radici per l’anima”. Con una motivazione all’avventura e,
come dice lei stessa, “dove posso trovare il mio luogo”. La scoperta, l’andare oltre i
confini visibili all’occhio umano, con lo spirito del pioniere che ha matite,
pennelli e colori nella cassetta degli attrezzi, è ciò che muove l’ansia di
Pugno nel conservare le immagini, restituirle come una sorta di emozionante
reportage paesaggistico. Ritorna il viola e la composizione-ricomposizione,
appare equilibrata anche in Orizzonte curvo.
La ricerca di luoghi inesplorati, invece, si delinea nelle
ultime Esplorazioni con una espressività più sottile, che genera lo spazio e di esso si
impossessa. Uno spazio dominato, delimitato, sfregiato, ornato, attraversato,
abitato dal viola, dall’arancio. Il colore, ora sprayato, si trasferisce sul
vetro, sulla cornice, prosegue sulla parete; o ci sono tagli di gloriosa
memoria, accompagnati da inserti di colore che vivificano l’opera astratta.
Come vessillo, a testimoniare la conquista di un territorio, come bandiera
lasciata sulla luna dell’arte.
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