29 settembre 2006

fino al 30.X.2006 Seydou Keïta Bologna, Galleria Marabini

 
Racconti d’Africa. Foto che non danno diretta testimonianza della vita difficile del popolo maliano. Volti comuni che lasciano trasparire la dura realtà, ma senza cancellare la dignità. Icone con l’anima...

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Merita una visita la mostra in corso alla Galleria Marabini. Incanta infatti la visione delle immagini fuori del tempo di Seydou Keïta, che sa conferire alle gente comune lo statuto di icona senza tuttavia appiattirne la freschezza e l’individualità.
Diversi i riferimenti che vengono alla mente di fronte a queste opere: Nadar e molta fotografia ottocentesca occidentale, la ritrattistica ufficiale della pittura delle corti europee di età moderna, le immagini sbiadite primo Novecento, forse qualche tangenza con Warhol, visto che si è parlato di icone. Di tutto questo, ad ogni modo, non era consapevole Keïta quando tra il 1948 e il 1960 lavorava nel suo studio di Bamako, capitale del Mali. Il fotografo africano ha così messo a punto quella sua tipologia inconfondibile di ritratto, tanto a lungo ignorata e oggi finalmente approdata agli onori che le spettano, a cinque anni dalla morte dell’autore. Keïta, durante la sua vita, poco si è compromesso con il mondo dell’arte e del relativo mercato come noi lo intendiamo, e molto si è impegnato a svolgere quotidianamente, semplicemente, il proprio mestiere, cercando di raccontare il suo Paese e soddisfare le richieste dei suoi numerosi clienti. Quelle persone si sono tutte recate nel decennio 1950-1960 a posare per lui, sfoderando i migliori costumi tradizionali per una fotografia che sarebbe stata probabilmente l’unica della loro vita, scegliendo tra i lavori appesi alle pareti dello studio del maestro quelli che ritenevano adatti a ricordare la propria esistenza alla famiglia presente e futura.
Il risultato è monumentale, senza pretese di essere acSeydou Keïta – Untitled n. 457 – 1950/1955 – silver gelatin print – 60,96 x 50,8 cm cattivante; le pose sono certo studiate, così come gli oggetti che la persona indossa e di cui si circonda, ma non falsificano la verità umana delle persone. Keïta realizza una serie di infinite variazioni sul tema, inquadrando di volta in volta gruppi o singoli individui, donne, uomini o bambini, con gli abiti della tradizione o con vestiti occidentali, con gioielli, copricapi, orologi, oggetti di varia natura. Li riprende sempre rigorosamente da una prospettiva ravvicinata che esclude dal campo visivo l’ambiente circostante e comprende solo il soggetto e l’onnipresente sfondo, costituito da tessuti ricamati o decorati che pendono alle spalle delle figure. Questi paramenti instaurano con gli indumenti degli effigiati un incantevole rapporto dialettico di rimandi e di eleganti incastri tra primo piano e retroscena, in un mondo ottico dove la profondità sembra abolita, o comunque non interessa l’occhio dell’artista, attratto da altri elementi visuali forse maggiormente in linea con certa cultura dell’immagine africana.
In queste fotografie si respira la concretezza di un’attività professionale vera, oltre che la figura di un uomo profondamente innamorato del proprio lavoro e della propria gente. Sempre alla ricerca di quel muto quid che solo può raccontare tutta una vita, in un solo scatto.

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giulia barbieri
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Seydou Keïta – 21 settembre – 30 ottobre 2006
Galleria Marabini, Vicolo della Neve 5, Bologna – Tel: 051-6447482
Fax: 051-6440029 / e-mail: desk@galleriamarabini.it
sito web: www.galleriamarabini.it
dal martedì al sabato, 10.30-13 e 15-19.30, ingresso libero


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