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Quando all’arte si leva il verismo, che resta?”, si chiedeva
Giovanni Fattori (Livorno, 1825 – Firenze, 1908). Questo “
cantore della Maremma”, attraverso un meticoloso studio dal vero, l’osservazione del quotidiano e un linguaggio scarno ed essenziale, ha saputo indagare le attività umane più umili, dolorose e vere. Un’antologica, realizzata nel centenario della morte, mette in luce la sua figura e ricostruisce la lunga vicenda artistica del livornese, considerato oggi non solo il più importante pittore macchiaiolo, ma anche il caposcuola del realismo europeo.
La mostra è curata da Andrea Baboni, massimo esperto dell’opera del pittore; dai primi anni ’90 gestisce l’omonimo Archivio e, negli anni, si è occupato del catalogo generale dei dipinti.
Giovanni Fattori. La poesia del vero indaga la vicenda dell’artista attraverso la sua tecnica e i suoi temi; nella mostra, venti sezioni illustrano l’opera di Fattori: dai ritratti degli esordi ai primi studi di temi militari, passando per le tematiche agresti, che palesano un sentimento elegiaco della natura e una classicità della figura, senza escludere le opere degli anni ‘70 – caratterizzate da una serie di composizioni militari – e lo studio degli animali e i ritratti della maturità.
La semplicità e la sobrietà che caratterizzarono la vita di Fattori si rispecchiano fortemente nella sua opera che, a partire dai primi anni ‘50, insieme ad alcuni amici del fiorentino Caffè Michelangelo, inizia a dipingere immerso nella campagna toscana per dedicarsi alla pittura “
sul vero” e agli studi sul paesaggio.
Inizia la svolta. Era il 1855 e da questo momento Fattori, persuaso dal fatto che la realtà non si esprime attraverso la linea e il contorno né attraverso il disegno, inizia ad apprezzare e sperimentare una nuova concezione pittorica, che esprime il vero attraverso l’uso del colore e del chiaroscuro violento della “macchia”.
Emerge un artista in grado di muoversi dal disegno all’acquaforte, riprendendo e reinventando i suoi temi con grande energia creativa. La mostra, attraverso più di duecento opere provenienti per la maggior parte da collezioni private e dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno, riesce a mettere in evidenza una produzione estremamente eclettica, anche per l’utilizzo delle diverse tecniche artistiche. L’esposizione è allestita discretamente, anche dal punto di vista dell’illuminotecnica, ahinoi troppo spesso trascurata nell’economia delle mostre che, non di rado, confondono il lavoro di un light designer con quello di un buon elettricista.
Lontano dalle mode e dallo stile accademico, la critica si è accorta tardi di Fattori, senza comprenderlo appieno. E questa antologica ha il merito di portare alla ribalta quella parte di Ottocento italiano che viene troppo spesso offuscato in favore del più noto e inflazionato Impressionismo francese.
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Bello, Francesca,complimenti! Come al solito, argomentata, essenziale e precisa.
Barbara Martusciello