La mostra, dedicata dalla Galleria Spazia ad Alighiero Boetti, quale evento inaugurale dell’apertura al pubblico della Villa cinque-seicentesca Paleotti Isolani a Minerbio, dopo un restauro quasi triennale, si sviluppa in un singolare contesto in cui l’attenzione del visitatore viene di forza polarizzata e scissa dalla coesistenza di un contenitore (lo spazio che fisicamente ospita l’allestimento) e un contenuto (la personale di un’artista, nello specifico Boetti). Un tappeto Kilim ci accoglie nel salone d’ingresso e ci immerge subito in un clima d’oriente, fatto di trame geometriche in bianco e nero, di scrittura araba e di colori caldi e pastosi. È ’l’interesse che Boetti ha sempre manifestato per le culture extra europee a ispirare più di un lavoro tra quelli esposti in questa occasione.
Commissionando la creazione di arazzi e tappeti alle donne afgane e pakistane, avvezze ad un sistema segnico di antica tradizione ed enorme significato culturale per le tribù indigene, che Boetti ci fa conoscere un concetto di arte quale esperienza collettiva, patrimonio “sociale”, che costituirà uno dei temi centrali della sua “poetica”, testimoniata da numerose opere esposte, quali, in primis, l’enorme Mappa del Mondo .Questo planisfero a sfondo velatamente politico, diventato oggetto di culto dopo essere stato esposto alla Biennale veneziana del 1990, ci affascina nella sua tavolozza di colori, nessuno dei quali è risparmiato dall’artista, il quale, non intendendo creare gerarchie tra essi, li usava tutti indistintamente, lasciando all’occhio dello spettatore la piacevolezza di una vivacità cromatica che in Faccine assume i toni della giocosità e della spensieratezza degli anni d’infanzia dei bimbi che hanno colorato l’alveare di celle dalla mimica facciale umana.
Arte come segno dei tempi, come testimonianza dello
E ancora il concetto del fluire dell’energia in Pavimento luminoso, installazione che costituisce uno dei primi esempi dell’uso del neon ed infine Dossier Postale bizzarro esperimento da leggere secondo la ricerca di sperimentazione sul linguaggio e sui mezzi artistici nella corrente da cui Boetti partì, quella dell’arte povera. Ed anche in chiave psicanalitica, come tentativo di intraprendere un viaggio simbolico verso una meta non definita geograficamente ma solo possibile.
Poi gli Aerei di tutti i tipi e di tutti i tempi aleggiano tempestando il cielo ora d’un azzurro sereno, ora d’un più cupo blu elettrico demandato agli altrui tratti di biro ripetuti ossessivamente sul foglio di carta.
Al termine della visita, balena, quasi ovvia, un’immagine vagamente onirica, quella di un testimone e spettatore dei tempi, del loro avvicendarsi, che con trepidante attesa, si avvicina al passaggio del tra il secolo XIX e XX. Purtroppo i limiti temporali che segnano la vita di ogni uomo ci hanno privato del piacere di soddisfare quella curiosità che, per certo, pervade gli animi di coloro i quali avranno l’opportunità di accostarsi alle opere di Alighiero Boetti.
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