La sede della Otto gallery dedicata a design & visual art ha già all’attivo una buona serie di personali: Nicoletta Ceccoli, Claudio Amadei, Denis Santachiara, Ettore Sottsass, senza contare che è in programma la mostra di Matali Crasset. Quest’anno la punta di diamante del programma è il designer indiano Satyendra Pakhalé (India, 1967). Non a caso si ama autodefinire “nomade culturale”: i suoi studi l’hanno portato in giro per l’India, la Svizzera, la Francia e ora vive ad Amsterdam. Se l’attività pare frenetica, il titolo scelto per sua prima personale italiana può risultare enigmatico: Design by Heart (design a memoria). In realtà si tratta della cifra distintiva di Pakhalé, poiché tutto il suo lavoro è teso al continuo esercizio di una “memoria del cuore” che significa emozione e tradizione, coniugate con la tecnologia contemporanea. Perciò i suoi lavori si presentano come sintesi dell’approccio al disegno industriale così come al manufatto: artigianato e tecnologia, oriente e occidente.
La mostra allestita da Paola Antonelli –curatrice del Dipartimento di architettura e design del MoMa– ripercorre la storia di alcuni fra gli oggetti più significativi della produzione di Pakhalé, senza negarsi un coup de théâtre. All’ingresso, infatti, svetta sulla sabbia Katava (2003), progetto in 30 esemplari prodotto da Duepuntosette-Erreti: un banco d’accoglienza curvilineo in alluminio estroflesso rosso e grigio che evoca le offerte floreali indiane, oltre a poter albergare libri, cd, oggetti. In questa prima sala sono esposte alcune realizzazioni in ceramica, come Flower offering ceramic chair (2001), Ceramic pottery chair (2001) e Roll ceramic chair (2001-2002), una struttura minimale composta da un cilindro per la seduta e una sorta di boomerang che poggia a terra e funge da schienale. Nel piccolo spazio dedicato allo studio della galleria sono esposti piccoli oggetti in plastica: fra essi Surya (2000), meridiana hi-tech, esemplare nel far dialogare tecnologia e sapienza millenaria. Si prosegue quindi in una sala in cui domina il verde di un prato artificiale, che ospita una serie di pezzi realizzati con la tecnica di fusione della “cera persa” mutuata dall’India, oltre al magnifico Ananda (2003, prodotto da Gabriele De Vecchi): un segnalibro “totem” in tre differenti versioni cromate. Nello spazio adiacente si mostrano Fish Chair (1996, prodotta nel 2002 da Cappellini) e la spettacolare Panther multi-chair (2002, prodotta da Moroso): una grande struttura rossa che permette di accomodarsi a più persone, ad altezze differenti ma condividendo la medesima poltrona. Nell’ultimo spazio trovano posto, fra l’altro, alcune varianti della Horse Chair di Cappellini e le “luminescenze tagliate al laser” di Akasma (2002, prodotto da RSVP). Da notare anche il dvd, che mostra la lavorazione artigianale e al contempo industriale del designer; e 4’46’’, composizione di Satyandre Pakhalé con musica di Nathalie Bruys, omaggio a John Cage.
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