Love
me Fender: già il nome basta per
capire la poetica della mostra. È sufficiente modificare una lettera della più
famosa canzone di Elvis Presley per intelligere l’omaggio a una delle due
aziende che combatte il testa a testa più serrato per entrare al numero uno
della leggenda musicale contemporanea.
È
Fender, infatti, la protagonista dell’esposizione: ventisette artisti sono
stati chiamati a raccolta da Luca Beatrice per porre i propri ossequi alla
liuteria fondata nel ‘46 in Arizona.
In
mezzo a memorabilia, foto di concerti, prime edizioni di LP e riedizioni dei
modelli storici, imbracciati dai chitarristi che hanno creato il mito di
Telecaster e Stratocaster – da Frank Zappa a Eric Clapton, da Kurt Cobain a
Steve Ray Vaughan – si scorgono le opere, più o meno nascoste, inserite
nell’ambiente austero e aristocratico di Palazzo Sanguinetti, quasi a
profanarne l’aristocraticità.
Arte
e musica sempre più a stretto contatto, nel
mix match tra le discipline che vede cimentarsi nel mondo
visivo cantanti e cantautori. Scruta dalla parete, tra la seria raccolta di
compositori e musicisti dei secoli passati, un fluorescente Jimi Hendrix
ritratto dai pennelli di
Andy, già
poliedrico nei Bluvertigo; è una pagina adagiata sulla sedia la spinta
concettuale di
Cristian Bugatti ovvero Bugo (presto in mostra a Roma e protagonista sul prossimo numero di
Exibart.onpaper), stralcio di un’epoca passata in cui le chitarre Fender si
contrabbandavano negli annunci economici; si propone in veste di scultore
Luca
Carboni, al suo debutto nel mondo
dell’arte.
Ma
se i musicisti intrigano con il loro sconfinamento visivo, non sempre i
colleghi artisti sono all’altezza della situazione. Il motivo d’occasione c’è,
ed è innegabile, e talvolta fin troppo avvertibile, come nella zoomorfa
installazione di
Francesco De Molfetta, o nel 33 giri fuori scala di
Bartolomeo Migliore.
È
puro rock’n’roll quello che trasuda dall’installazione di
Thorsten Kirchhoff, dal potente video in rotomotion di
Daniele
Girardi, dalla visionarietà lisergica
e barocca dell’estate infinita di
Gabriele Arruzzo, dalla dissacrante rappresentazione dei disegni di
Laurina
Paperina e del
Laboratorio
Saccardi, che si fanno beffe di un
mito generazionale come quello dei Nirvana.
E
se l’occhio vuole la sua parte, non è da dimenticare l’orecchio, quando si
parla di musica. Così, in ogni sala che ospita un’opera, risuona in sottofondo
una playlist studiata appositamente. Per dimostrare che le chitarre Fender non
sono solamente da guardare. Sono veri e proprio strumenti d’arte.
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I soliti ignoti, la banda pseudo pop di Luca Beatrice
Andy vai a zappare la terra
Luca Carboni che passa da capolavori del calibro di "farfallina" alla scultura. Più che di pop io parlerei di plop: ah, le onomatopee
beatrice è ora di pensare alle quote rosa! possibile che inviti sempre i maschietti e come unica donna un maschiaccio?
beh si sa.. beatrice le donne intelligenti le evita, le belle le usa, quelle meno belle ma potenti le s... frutta, delle altre sinceramente non sa che farsene, a lui piacciono i maschietti in gamba..