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fino al 31.X.2004 Premio Carmen Silvestroni Forlì, Palazzo Alberini
bologna
Sei artisti selezionati tra venticinque promettenti talenti under 35 dell’Emilia Romagna. Da nidi intrecciati col giunco alla computergrafica tridimensionale. Una vincitrice prevedibile, ma un’occasione comunque buona. Per vedere una panoramica esauriente della giovane arte italiana: tecniche, stili e tematiche…
di Carolina Lio
“Ho letto da qualche parte che la maggiore difficoltà per un artista (non solo emergente) sia abbandonare ogni speranza e timore”. Sono queste le parole con cui il pittore-digitale Enrico Morsiani si presenta nel catalogo della mostra del Premio Silvestroni, concorso dedicato ai giovani artisti dell’Emilia Romagna. Il premio, alla terza edizione, è proprio pensato per aiutare a superare le difficoltà che gli esordienti possono incontrare: sottoporre il proprio lavoro a un prestigioso giudizio critico e esporre le proprie opere in un evento che ne garantisca la visibilità. E’ forse proprio per questo che il primo premio è stato assegnato a Sissi, a cui il MACRO sta attualmente dedicando una personale, e la cui forse maggior difficoltà è far capire se gli elementi che compongono la sua installazione Nidi siano effettivamente un nido o piuttosto simpatici sombreri. Qualche ignorante visitatore le ha auspicato un aureo futuro tra i vimini, mentre la curatrice amante dei lavori manuali femminili, Dede Auregli (che si è occupata anche di portare alla GAM di Bologna la mostra sul ricamo di Claudia Losi), ne tesse (!) le lodi soprattutto per aver inserito tra i giunchi intrecciati “infinite striscioline di carta, tipo scottex-casa”.
Per fortuna Dede Auregli ha proposto al premio una più valida alternativa: Diego Zuelli. L’artista lavora sulla computergrafica tridimensionale elaborando brevi video dal medesimo titolo di Esposizioni ultrarapide. In essi egli crea personaggi e ambientazioni, perfetti in ogni sfumatura, di cui è l’unico artefice e di cui può tenere ogni elemento sotto controllo: “…Si modellano gli oggetti costruendo gabbie di fil di ferro come farebbe uno scultore, gli si applicano colori e texture come un pittore o un decoratore; sono poi inseriti in un ambiente con scenografia con luci e telecamere come su un set cinematografico”.
Un modo meno virtuale di concepire il tridimensionale sono le installazioni di Anna Rossi, non molto estetiche, in verità, ma concettualmente solide. In Star saldo, degli oggetti rappresentati da uno scheletro in ferro sono appesi al soffitto e pendono sopra vuote buste di plastica accasciate per terra, apparentemente più libere, ma anche inutili. In Air dei pensieri e degli aforismi scritti su dei palloncini formano una testimonianza dell’emotività che accompagna la fine di una storia d’amore. L’installazione dovrebbe presentarsi come un insieme di palloncini bianchi e neri sospesi al soffitto, ma il carente allestimento della mostra ha lasciato i palloncini sgonfi sparpagliati a casaccio sul pavimento.
Continuando a parlare di operazioni concettuali arriva il percorso di Imola che Simone Cesarini paragona a una piccola area della Toscana inserita nelle Marche, effettivamente di forma molto simile. Accanto al percorso del circuito Cesarini ha scritto, in ordine casuale, i nomi dei 267 abitanti del territorio toscano, come se fossero schierati sulla griglia di partenza. Quello che gli interessa comunicare è la rivalità insita nel vivere urbano, che nasce spontaneamente quando si convive nello stesso territorio. In Palafitte 1 (Battaglia navale) un modellino di forma concava, con diversi gradini interni ordinati per lettere, ricorda la forma di una nave, anche se bloccata dal piedistallo. I gradini servono a ordinare, incasellare e dare a ogni ipotetico passeggero un ruolo sociale nell’altrettanto ipotetica battaglia.
Un’altra battaglia, non inventata, ma stavolta interiore, è quella che deve combattere Enrico Morsiani, che documenta la sua preparazione al conflitto con una serie di foto e un video in cui taglia della frutta a forma di lancia, imbraccia l’aspirapolvere a mo’ di fucile e documenta la sua cucina con scatti digitali, spesso dagli improbabili colori, come un campo di battaglia.
Nel giardino, invece, Silvia Camporesi schiera il suo esercito di Biancaneve, semplici statuette fotografate in modo da risultare un vero drappello di soldati. Ma il lavoro della fotografa forlivese, che, insieme alle opere di Morsiani, riscatta un po’ la qualità del premio, non si esaurisce qui. Molto interessante è lo scatto Les idiots savants, in cui fotografando semplicemente due manichini su cui sono incolonnati delle infinite serie di numeri, racconta la storia vera che O. Sacks narra nel libro L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. In cui protagonisti -due gemelli artistici- hanno l’incredibile dono di individuare i numeri primi fino a venti cifre.
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Diego Zuelli
carolina lio
mostra visitata il 16 ottobre 2004
Premio Carmen Silvestroni
fino al 31.X.2004
Forlì, Palazzo Alberini, Piazza Saffi 50
ingresso: libero
orario di visita: da martedì a domenica 9.30 12.30 15.30-18.30; chiuso lunedì
[exibart]
Articolo di forte personalità! Unica cosa: la foto dove tengo in braccio l’aspirapolvere è un plagio di un’opera di Diego Perrone(“Come suggestionato…”) e insieme ad altre 24 foto fa parte di una serie dove “plagio” 25 giovani artisti italiani limitandomi nella mia cucina. EM
ma perchè deve sempre andare a finire così…?
Se ci impegnamo a pensare che il mondo dell’arte contemporanea non sia un covo di raccomandati, perchè qualcuno tenta sempre di smentirci?