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28
novembre 2007
fino al 31.XII.2007 Mark Innerst Modena, Emilio Mazzoli
bologna
La Città. Pazzesca e affascinante, ha fatto sognare generazioni. E lo fa ancora, non solo nei film. The Big Apple, la grande sceneggiatura che ha lasciato impronte nella memoria visiva di tutti...
La personale Paintings of New York di Mark Innerst (York, Pennsylvania, 1957; vive a Philadelphia e Cape May, New Jersey) mette in scena vedute e scorci della Grande Mela. La metropoli che può vantare una delle scenografie più famose e acclamate al mondo. Tutti la conoscono e anche chi non c’è mai stato è vittima di questo seducente simbolo del sogno americano. Trentun opere, acrilici su tavola e una serie di lavori su carta, ruotano intorno a questo fascino e offrono un biglietto immaginario per un viaggio nella geometria di avenue e strade, nell’East e West Side di Manhattan, Uptown e Downtown, fra palazzi, grattacieli e piazze, attraversando anche luoghi verdi come Bryant e Central Park. E infine viste aperte: i ponti, Brooklyn e i panorami mozzafiato dello skyline di New York.
L’inizio del viaggio è Flow blue, una avenue con i palazzi rettilinei fra l’azzurro e blu notte, un momento immerso nella profondità di questo colore-anima e, in fondo, un cielo lattiginoso, un’atmosfera fuori dal tempo. Nessuna traccia di vita urbana, né persone né auto; solo un gioco di luci e colori, ombre e bagliori. Impossibile distinguere se sia l’alba o il tramonto, o un giorno d’inverno in cui la foschia amalgama il cielo.
Seguono altri paesaggi e viste urbane, fra cui Nave and choir, una veduta orizzontale di una ulteriore avenue con i grattacieli sommersi di una luce dorata. L’inquadratura ne amputa l’altezza vertiginosa e sacralizza la strada in un tunnel scintillante di luce, mentre in fondo l’occhio si perde nell’infinità del cielo limpido. La tecnica del glazing -strati di resina sulla pittura- aumenta la brillantezza dei colori e rende la scena ancor più sfavillante e irreale. Sono sfocati i dettagli dei palazzi e delle macchine, i quadri diventano attimi rubati ai mille film girati a New York. Però Innerst sembra non voler rispecchiare la città reale né quella cinematografica. Idealizza i luoghi in immagini romanticizzate, si serve anch’egli della Grande Mela come intima scenografia, immateriale miriade di luci e giochi cromatici.
Il cielo diventa ancora più intenso in un altro ciclo della mostra che ritrae viste panoramiche “da cartolina”, eseguite come se fossero dei paesaggi romantici di Turner e Friedrich. Vasti orizzonti e lo skyline come spettacoli celesti, cieli come stati emotivi. La metropoli diventa una miniatura e ogni miniatura ha il respiro di una metropoli. In A chance of rain, una vista del West Side di Manhattan dall’Hudson River, la città prima di una tempesta si annuncia con un cielo scuro e minaccioso e i grattacieli illuminati dello skyline diventano un mare infinito di fari di navi lontane (Fellini?).
Così queste tele di modeste dimensioni, veri ceselli urbani, intime e poetiche, vere e proprie finestre sul sogno, si situano mille miglia dalla N.Y. dell’arte contemporanea e delle tragedie recenti, dalla globalizzazione, dal terrorismo, veri o simulati che siano ma che stanno radicalmente segnando l’esistenza di ognuno. L’uso delle grandi cornici, realizzate a mano dall’artista, rende poi questi dipinti ancora più classici e remoti. Ma Innerst non cerca lo scandalo né la patente di artista “di tendenza”. Il suo è un mondo chiuso, in cui dipingere con acuta sensibilità e una mano da maestro i momenti sublimi capaci di trasmettere il fascino e il sapore di New York -non così com’è in realtà- ma vittima del proprio mito, nell’immaginazione e nei sogni di tanti.
L’inizio del viaggio è Flow blue, una avenue con i palazzi rettilinei fra l’azzurro e blu notte, un momento immerso nella profondità di questo colore-anima e, in fondo, un cielo lattiginoso, un’atmosfera fuori dal tempo. Nessuna traccia di vita urbana, né persone né auto; solo un gioco di luci e colori, ombre e bagliori. Impossibile distinguere se sia l’alba o il tramonto, o un giorno d’inverno in cui la foschia amalgama il cielo.
Seguono altri paesaggi e viste urbane, fra cui Nave and choir, una veduta orizzontale di una ulteriore avenue con i grattacieli sommersi di una luce dorata. L’inquadratura ne amputa l’altezza vertiginosa e sacralizza la strada in un tunnel scintillante di luce, mentre in fondo l’occhio si perde nell’infinità del cielo limpido. La tecnica del glazing -strati di resina sulla pittura- aumenta la brillantezza dei colori e rende la scena ancor più sfavillante e irreale. Sono sfocati i dettagli dei palazzi e delle macchine, i quadri diventano attimi rubati ai mille film girati a New York. Però Innerst sembra non voler rispecchiare la città reale né quella cinematografica. Idealizza i luoghi in immagini romanticizzate, si serve anch’egli della Grande Mela come intima scenografia, immateriale miriade di luci e giochi cromatici.
Il cielo diventa ancora più intenso in un altro ciclo della mostra che ritrae viste panoramiche “da cartolina”, eseguite come se fossero dei paesaggi romantici di Turner e Friedrich. Vasti orizzonti e lo skyline come spettacoli celesti, cieli come stati emotivi. La metropoli diventa una miniatura e ogni miniatura ha il respiro di una metropoli. In A chance of rain, una vista del West Side di Manhattan dall’Hudson River, la città prima di una tempesta si annuncia con un cielo scuro e minaccioso e i grattacieli illuminati dello skyline diventano un mare infinito di fari di navi lontane (Fellini?).
Così queste tele di modeste dimensioni, veri ceselli urbani, intime e poetiche, vere e proprie finestre sul sogno, si situano mille miglia dalla N.Y. dell’arte contemporanea e delle tragedie recenti, dalla globalizzazione, dal terrorismo, veri o simulati che siano ma che stanno radicalmente segnando l’esistenza di ognuno. L’uso delle grandi cornici, realizzate a mano dall’artista, rende poi questi dipinti ancora più classici e remoti. Ma Innerst non cerca lo scandalo né la patente di artista “di tendenza”. Il suo è un mondo chiuso, in cui dipingere con acuta sensibilità e una mano da maestro i momenti sublimi capaci di trasmettere il fascino e il sapore di New York -non così com’è in realtà- ma vittima del proprio mito, nell’immaginazione e nei sogni di tanti.
claudia loeffelholz
mostra visitata il 2 novembre 2007
dal 20 ottobre al 31 dicembre 2007
Mark Innerst – Paintings of New York
a cura di Richard Milazzo
Emilio Mazzoli Galleria d’Arte Contemporanea
Via Nazario Sauro, 62 – 41100 Modena
Orario: da lunedì a sabato ore 10-13 e 16-19.30
Ingresso libero
Catalogo in galleria
Info: tel. +39 059243455; fax +39 059214980; info@galleriamazzoli.com; www.galleriamazzoli.com
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