La personale
Paintings of New York di
Mark Innerst (York, Pennsylvania, 1957; vive a Philadelphia e Cape May, New Jersey) mette in scena vedute e scorci della Grande Mela. La metropoli che può vantare una delle scenografie più famose e acclamate al mondo. Tutti la conoscono e anche chi non c’è mai stato è vittima di questo seducente simbolo del sogno americano. Trentun opere, acrilici su tavola e una serie di lavori su carta, ruotano intorno a questo fascino e offrono un biglietto immaginario per un viaggio nella geometria di avenue e strade, nell’East e West Side di Manhattan, Uptown e Downtown, fra palazzi, grattacieli e piazze, attraversando anche luoghi verdi come Bryant e Central Park. E infine viste aperte: i ponti, Brooklyn e i panorami mozzafiato dello skyline di New York.
L’inizio del viaggio è
Flow blue, una avenue con i palazzi rettilinei fra l’azzurro e blu notte, un momento immerso nella profondità di questo colore-anima e, in fondo, un cielo lattiginoso, un’atmosfera fuori dal tempo. Nessuna traccia di vita urbana, né persone né auto; solo un gioco di luci e colori, ombre e bagliori. Impossibile distinguere se sia l’alba o il tramonto, o un giorno d’inverno in cui la foschia amalgama il cielo.
Seguono altri paesaggi e viste urbane, fra cui
Nave and choir, una veduta orizzontale di una ulteriore avenue con i grattacieli sommersi di una luce dorata. L’inquadratura ne amputa l’altezza vertiginosa e sacralizza la strada in un tunnel scintillante di luce, mentre in fondo l’occhio si perde nell’infinità del cielo limpido. La tecnica del
glazing -strati di resina sulla pittura- aumenta la brillantezza dei colori e rende la scena ancor più sfavillante e irreale. Sono sfocati i dettagli dei palazzi e delle macchine, i quadri diventano attimi rubati ai mille film girati a New York. Però Innerst sembra non voler rispecchiare la città reale né quella cinematografica. Idealizza i luoghi in immagini romanticizzate, si serve anch’egli della Grande Mela come intima scenografia, immateriale miriade di luci e giochi cromatici.
Il cielo diventa ancora più intenso in un altro ciclo della mostra che ritrae viste panoramiche “da cartolina”, eseguite come se fossero dei paesaggi romantici di
Turner e
Friedrich. Vasti orizzonti e lo skyline come spettacoli celesti, cieli come stati emotivi. La metropoli diventa una miniatura e ogni miniatura ha il respiro di una metropoli. In
A chance of rain, una vista del West Side di Manhattan dall’Hudson River, la città prima di una tempesta si annuncia con un cielo scuro e minaccioso e i grattacieli illuminati dello skyline diventano un mare infinito di fari di navi lontane (
Fellini?).
Così queste tele di modeste dimensioni, veri ceselli urbani, intime e poetiche, vere e proprie finestre sul sogno, si situano mille miglia dalla N.Y. dell’arte contemporanea e delle tragedie recenti, dalla globalizzazione, dal terrorismo, veri o simulati che siano ma che stanno radicalmente segnando l’esistenza di ognuno. L’uso delle grandi cornici, realizzate a mano dall’artista, rende poi questi dipinti ancora più classici e remoti. Ma Innerst non cerca lo scandalo né la patente di artista “di tendenza”. Il suo è un mondo chiuso, in cui dipingere con acuta sensibilità e una mano da maestro i momenti sublimi capaci di trasmettere il fascino e il sapore di New York -non così com’è in realtà- ma vittima del proprio mito, nell’immaginazione e nei sogni di tanti.