Uno sforzo immenso quello di raccogliere l’opera edita e inedita dello studioso Emilio Villa (Affori, 1914 – Rieti, 2003) nella cornice di un’imponente chiesa barocca ora in restauro, aperta soltanto per l’occasione. Una nuova chiave di lettura -proposta da un artista in veste di curatore- che scopre un grande scrittore, poeta e critico d’arte ignorato da molti, accostando le sue numerose pubblicazioni alle opere di alcuni maestri del Novecento, ai quali il letterato dedicò saggi memorabili in
Attributi dell’arte odierna, 1947 1967, pubblicato da Feltrinelli negli anni ’70.
Claudio Parmiggiani, legato a Villa da affinità intellettuale e amicizia, ha vinto la scommessa di dare voce a un pensiero creativo ermetico e labirintico, ricostruendo uno sterminato quanto originale
corpus critico. Una sorta di scomodo progenitore fu infatti Emilio Villa, nell’avventurarsi forse troppo presto nella contaminazione estrema del linguaggio, nello stampare in solitaria i propri libri senza corteggiare collane editoriali, chiamando gli artisti a collaborare con opere originali alle sue riviste, giocando a mischiare le lingue morte a quelle vive, per dissolverne il senso.
Intellettuale criptico e sperimentatore tra i più interessanti del panorama italiano, fu radicale nelle scelte e temerario nel disobbedire a ogni regola.
Un progetto culturale che spinge dunque alla riflessione, la cui parte più suggestiva rimane sicuramente quella delle opere dei grandi del Novecento che si affiancano agli stucchi e agli affreschi sei-settecenteschi, recentemente restaurati. L’allestimento è decisamente spettacolare, con i quadri -inseriti all’interno delle cappelle barocche- che incombono dall’alto come moderne e stupefacenti pale d’altare. Per citarne solo alcuni: si va da
Capogrossi a
Pollock, dall’
Achrome di
Manzoni a
Rothko, fino a un meraviglioso
Sacco del 1953 di
Burri. E, ancora, nel transetto su cui si apre l’abside dove domina l’altare ligneo, la scultura in ferro di
Ettore Colla,
Dioscuri (1964), e la
Composition (1992) di
Sam Francis.
Lavori straordinari circondati da bacheche contenenti manoscritti, libri a stampa a tiratura limitata o in copia unica, riviste create ed edite da Villa, o ancora dal tentativo incompiuto di una nuova traduzione della Bibbia, alla quale lo studioso lavorò a partire dagli anni ’40. Materiali che svettano su centinaia di fascicoli di carte filologicamente ordinate e conservate presso il Fondo Villa della Biblioteca Panizzi, zeppe di revisioni, correzioni e interventi, e scritti cancellati con furia iconoclasta.
È davvero impossibile riuscire a classificare o soltanto citare tutta la documentazione cartacea in mostra, tradotta in una corposa monografia ragionata, nella quale si tenta di interpretare la lingua quasi eretica, sconosciuta e beffarda di un uomo che si professò, suo malgrado, un “
condannato ‘critico’”, affermando di “
sapere, purtroppo”. Un randagio fuggitivo che, come afferma Marco Vallora nel suo saggio, “
emigrò dall’ambiente intellettuale, imprigionandosi nelle sue posizioni arroccate”.
Un intellettuale mai compreso a fondo, che scelse una diversa forma di occultismo sacrale per tornare alla parola originaria e, come riporta Parmiggiani, “
scrivere il silenzio a paragone della stupidità verbosa che imperversa”. Fino a confondere e a cancellare le proprie tracce.
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una nuova edizione di "Attributi dell'arte odierna" è ora disponibile nella collana Fuori Formato curata da Andrea Cortellessa per la casa editrice Le Lettere. In 2 volumi a cura di Aldo Tagliaferri.
Purtroppo non ho visto la mostra, che, dalla recensione almeno, sembra esaustiva e rispettosa, ma era proprio il caso di ampliare l'attenzione su questo grandissimo pensatore misconosciuto, in questo tempo in cui la critica e la letteratura artistica sono (irreversibilmente?) omologate, prive d'anima, fritte e rifritte.