Accade all’interno della sede pubblica di Galleria Accursio, sotto piazza del Nettuno. Lo scopo è creare un riassunto dei passi più importanti mossi in Italia verso la rivoluzione digitale nel campo dell’arte. E lo si fa riunendo le opere più significative di circa settanta artisti. Solo la parte video contiene più di cinquanta filmati di altrettanti autori, per più di quattr’ore e mezza di visione complessiva. La selezione è a cura di Mario Gorni, il fondatore dell’associazione milanese CareOf, che ricostruisce un percorso dal 1990 al 2005, dividendolo in tre tranci da cinque anni, ciascuno identificato dai propri progressi tecnologici e da un proprio livello di qualità di immagine. Il primissimo video è Un frutto di Massimo Bartolini dove il ramo di un albero visto controluce da un’inquadratura fissa ha la forma di un uomo che si muove col vento. Si termina poi con Condizioni marginali di Francesco Lauretta, in cui l’autore filma un’inchiesta sull’arte contemporanea in un piccolo paese siciliano. La linea di congiunzione tra i due passa da una serie di noti passaggi obbligati di cui Paola Gaggiotti, Ottonella Mocellin, Alessandra Spranzi, Alex Cecchetti e Ra di Martino costituiscono solo pochi esempi.
Ma se i video formano la parte numericamente più imponente, l’opera che fa da centro fisico e carismatico della mostra è un frammento dell’installazione Dove va tutta ‘sta gente? di StudioAzzurro. Un enorme schermo è identificato metaforicamente come linea di confine.
Varie persone vi si scontrano dall’interno di un video cercando disperatamente di uscirne fuori, in una frenesia tutta contemporanea di superare ogni limite. E cosa può esserci più utile del web per superare quelli geografici e culturali?
Lo sa bene Antonio Scarponi, che in un’animazione digitale rappresenta i vari paesi del mondo, anno per anno dal 1993, non secondo le dimensioni territoriali, ma per numero di utenti internet. Questi non solo possono accedere a diversi tipi di informazione, ma possono trovare nella rete anche uno strumento di interazione. E’ il caso del progetto MI Public Space, ideato da Ozmo, in cui una mappa interattiva in rete di Milano è divisa per aree non propriamente canoniche (es. prostituzione, attentati, droga) che gli utenti possono arricchire con le proprie segnalazioni.
Un altro modo in cui si prevede l’interazione tra sito web e visitatore è la net art, sintetizzata in questa mostra in cinque siti visitabili attraverso altrettanti pc collegati in rete e selezionati da Piero Deggiovanni.
Dall’ironia di Vuk Cosic (secondo la leggenda, proprio l’inventore del termine net art), al fai-da-te online per creare un prorio quadro allo stile di Peter Halley, passando attraverso gli effetti caotici e labirintici di Mark Napier e del duo Jody, senza dimenticare i nostrani 0100101110101101.ORG che lavorano sugli effetti della comunicazione utilizzando in modo massiccio anche il web.
link correlati
History of art for airports di Vuk Cosic
Exploding Cell di Peter Halley
Il sito degli 01.org con tutti i loro progetti
Riot di Mark Napier
Ghost city di Jody Zellen
carolina lio
mostra visitata il 10 febbraio 2006
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