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30
gennaio 2008
fino al 5.III.2008 Luciano Ventrone Bologna, Galleria Forni
bologna
L'abbagliante nitidezza del colore, la perfetta architettura delle forme, la raffinatezza delle tecniche pittoriche. Che sposano una maestrìa quasi sovrumana a un sapiente uso della tecnologia più attuale. Per descrivere e oltrepassare il reale...
Le nature morte di Luciano Ventrone (Roma, 1942) provocano uno shock estetico che tocca l’inconscio, attraverso la percezione sensibile. Fotogrammi del reale -le succose pere, le angurie mature spaccate o l’uva cerea traboccante dai vasi-capitelli- destano una sottile inquietudine nell’animo, incredulo, di chi guarda. La frutta trionfante, statica, cinematografica spicca sui tenui pastelli degli sfondi senza profondità, secondo l’antica tecnica “illusionistica” del trompe l’oeil. I nudi femminili, dipinti con la meticolosità di uno studioso di anatomia, lasciano percepire la spinta dell’artista a vivisezionare più che ad analizzare la realtà, in un vortice di colori intensi e artificiali sorgenti luminose, nello strenuo tentativo di imprigionarla, sospendendola in un non-luogo: l’Eterno Presente.
La Galleria Forni di Bologna, nella sua consueta sobrietà, ospita L’eterno presente, personale che raccoglie le opere più recenti del pittore romano, unite ad alcuni celebri dipinti del passato. Definito da Federico Zeri il Caravaggio del XXI secolo, Ventrone inizia il suo percorso artistico con la pittura astratta passando per l’informale, il surrealismo, la geometria non euclidea, la Gestalt. “Più di quarant’anni fa”, afferma l’artista, “dipingevo parti anatomiche e cellule del corpo umano. Da giovane prevaleva la ricerca del mistero, poi il sogno di comunicare sensazioni celebrando, attraverso la pittura, aspetti della realtà, parti della natura”.
Ma è soprattutto attraverso la luce che il riferimento al naturalismo caravaggesco si connota di postmodernità. Una luce artificiale, fredda, che oggettivizza il soggetto immobilizzandolo, ma che al contempo diventa parte integrante di esso. Una luce immanente, plotiniana, che -come osserva Vittorio Sgarbi- non è più trascendente, emanata da Dio, ma diviene essa stessa materia e simbolo della laicità, del trionfo della ragione e della scienza, attraverso il progresso tecnologico. L’immediatezza delle immagini, nella poetica pittorica di Ventrone, parte dalla fotografia del soggetto e alla proiezione sulla tela, per proseguire con il rigore formale di peculiari tecniche pittoriche quali la gessatura della tela e la velatura del colore. “Si può dipingere con la fotografia e fotografare con la pittura”, sostiene l’artista.
Definito dai critici “iperrealista”, Ventrone sfugge, in ultima analisi, a ogni rigida classificazione. Per alcuni aspetti la sua opera può essere assimilabile al concetto di iperrealtà in Baudrillard, “un concetto diverso da quello di reale, di realtà, senza per questo coincidere con l’immaginario. Iper-realizzato è tutto ciò che fornisce i segni della realtà, che addirittura è più reale del reale, ma che da questo prende le distanze”.
A dissipare ogni dubbio è l’autore stesso: “Io non mi sento un pittore realista”, afferma, “pur usando elementi naturalistici li inserisco in un contesto metafisico, astratto”. In uno straordinario tentativo di scavare la realtà, per andare oltre.
La Galleria Forni di Bologna, nella sua consueta sobrietà, ospita L’eterno presente, personale che raccoglie le opere più recenti del pittore romano, unite ad alcuni celebri dipinti del passato. Definito da Federico Zeri il Caravaggio del XXI secolo, Ventrone inizia il suo percorso artistico con la pittura astratta passando per l’informale, il surrealismo, la geometria non euclidea, la Gestalt. “Più di quarant’anni fa”, afferma l’artista, “dipingevo parti anatomiche e cellule del corpo umano. Da giovane prevaleva la ricerca del mistero, poi il sogno di comunicare sensazioni celebrando, attraverso la pittura, aspetti della realtà, parti della natura”.
Ma è soprattutto attraverso la luce che il riferimento al naturalismo caravaggesco si connota di postmodernità. Una luce artificiale, fredda, che oggettivizza il soggetto immobilizzandolo, ma che al contempo diventa parte integrante di esso. Una luce immanente, plotiniana, che -come osserva Vittorio Sgarbi- non è più trascendente, emanata da Dio, ma diviene essa stessa materia e simbolo della laicità, del trionfo della ragione e della scienza, attraverso il progresso tecnologico. L’immediatezza delle immagini, nella poetica pittorica di Ventrone, parte dalla fotografia del soggetto e alla proiezione sulla tela, per proseguire con il rigore formale di peculiari tecniche pittoriche quali la gessatura della tela e la velatura del colore. “Si può dipingere con la fotografia e fotografare con la pittura”, sostiene l’artista.
Definito dai critici “iperrealista”, Ventrone sfugge, in ultima analisi, a ogni rigida classificazione. Per alcuni aspetti la sua opera può essere assimilabile al concetto di iperrealtà in Baudrillard, “un concetto diverso da quello di reale, di realtà, senza per questo coincidere con l’immaginario. Iper-realizzato è tutto ciò che fornisce i segni della realtà, che addirittura è più reale del reale, ma che da questo prende le distanze”.
A dissipare ogni dubbio è l’autore stesso: “Io non mi sento un pittore realista”, afferma, “pur usando elementi naturalistici li inserisco in un contesto metafisico, astratto”. In uno straordinario tentativo di scavare la realtà, per andare oltre.
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Galleria Forni
Via Farini, 26 (centro storico) – 40124 Bologna
Orario: da martedì a sabato ore 9.30-13 e 16-19.30
Ingresso libero
Catalogo Skira con dvd allegato prodotto dalla Galleria Forni
Info: tel. +39 051231589; fax +39 051268097; forni@galleriaforni.it; www.galleriaforni.it
[exibart]