Non è fitta di opere la mostra di
Mimmo Paladino (Paduli, Benevento, 1948) alla Galleria Civica di Modena. Si tratta di lavori intensi, però, che catturano la mente e il corpo. Il pensiero vaga velocemente di fronte a enormi tele che circondano, come un recinto incantato, un’opera posizionata al centro della sala, che trascina indietro nel tempo.
Treno, così s’intitola l’opera principale, è una composizione di scompartimenti in metallo che racchiudono frammenti umanizzati, oggetti disordinati che si susseguono riproducendo simbolicamente la consecutività del pensiero umano. Un’arte che invade interamente la sala. E un’opera che trasuda storia, grazie alla sua imponenza quasi epica. Allo stesso tempo, sembra rappresentare il meccanismo con cui agisce la memoria umana: a tratti distruttiva, come le lacerazioni dei corpi accoccolati tra le celle; a tratti disorganizzata, come gli oggetti che casualmente si rinvengono fra i vagoni del treno immaginario costruito dall’artista.
Le opere bianchissime che circondano l’installazione sembrano rappresentare gli strati mentali in cui è possibile lasciare il proprio segno e una traccia incancellabile. Ma non si riconoscono solo grosse pennellate nere, percorrendo le pareti silenziose della galleria. Tanti sono gli sguardi che osservano il visitatore dalla tela. Teste differenti, dai tratti simili, come a ricordare le inconciliabilità culturali ed etiche tra individui, che però sono infine accomunati da un’essenza collettiva.
La mostra affronta il difficile rapporto con un passato di faticosa identificazione, in cui è impossibile mettere a fuoco chiaramente le origini delle paure più radicate dell’interiorità . Come fantasmi che ci rincorrono nel presente, la memoria affiora senza essere prevedibile. Come un treno che arriva da un’altra dimensione, portando con sé la distruzione della spensieratezza. Ma si tratta di una memoria individuale o collettiva? Non sembra fare differenza: forse perché non solo la seconda è composta dalla prima, ma anche la prima influenza la seconda, creando un intreccio impossibile da sciogliere razionalmente.
Il legame tra Mimmo Paladino e Modena è forte e duraturo. Vi ha lavorato fin dai suoi esordi e ora le dedica un vero e proprio progetto architettonico, che verrà realizzato nei prossimi mesi alla
Torre Ghirlandina. Si tratta di uno speciale rivestimento che servirà a rendere più gradevole (ma le polemiche già si sprecano) il periodo di ristrutturazione della torre, che dal 1997 è Patrimonio dell’Umanità .
La mostra di Paladino regala dunque un momento catastrofico, trasudante frantumazione, e un intervento costruttivo, qual è un’opera architettonica. Una duplicità che ricorda la forte tendenza umana verso la distruzione di se stessa e, allo stesso tempo, verso la propria auto-conservazione. Che esprime in modo preponderante il bisogno di appartenenza a una collettività e la necessità di radicamento spazio-temporale.