Oltrepassare le porte della percezione in una tensione estetico-esistenziale verso l’
àpeiron. L’indeterminato, l’illimitato, l’indefinito.
Ratio essendi dell’universo nell’architettura cosmogonica di Anassimandro. Alla ricerca del sublime, dell’infinito senza forma, dell’inconoscibile, dell’indicibile che sfugge a ogni rappresentazione. Il viaggio verso l’ignoto, l’altrove, l’incommensurabile intrapreso da otto artisti, figli dell’arte concettuale, che reinterpretano in chiave postmoderna la
Sehnsucht romantica.
La Galleria Civica di Modena ospita la collettiva
Il Sublime è ora: installazioni sonore, video e fotografie testimoniano il tentativo di narrare il rapimento, il brivido, l’
horror infiniti che l’animo umano prova dinanzi alla misteriosa maestosità della natura, madre onnisciente e crudele, potenza creatrice e distruttrice. Il titolo della mostra trae spunto dall’articolo del ‘48 di
Barnett Newman che, come scrive il curatore Marco De Michelis, “
rivendicava l’attualità del sublime come un desiderio di distruggere la forma, dove la forma può essere priva di forma”.
Il sublime, “
orrore dilettevole” per Burke, “
piacere misto a terrore” per Kant,
quid che “
innalza, rapisce, trasporta” per Boileau, diviene architrave concettuale e stilistico dell’arte contemporanea. Tema centrale della mostra è la sfida – intrinsecamente persa – agli elementi naturali verso il superamento del limite, nel tentativo di valicare i confini della finitezza umana.
Sulle acque del Grande lago salato dello Utah, la
Spiral Jetty di
Robert Smithson si staglia enigmatica, testimonianza visibile e invisibile del processo entropico naturale e simbolo dell’energia universale. Fango, pietre, cristalli cambiano colore e forma in relazione al trascorrere del tempo. Altri artisti la cercheranno, alcuni invano, come
Tacita Dean, che non è sicura di averla trovata e, in
Trying to find the Spiral Jetty, registra il surreale dialogo con il suo amico durante l’ultima mezz’ora dell’infruttuosa ricerca a Rozel Point. Anni dopo,
Deborah Ligorio riuscirà a filmare la “Donut” di Smithson, ormai mutata da anni di intemperie ma intatta nel suo fascino atavico e magnetico.
Il francese
Pierre Huyghe, invece, intraprende un periglioso viaggio tra sperduti ghiacciai del Polo Sud alla fortunata ricerca del rarissimo pinguino albino: un’avventura al limite del possibile, raccontata nel video
A journey that wasn’t.
Ma è l’olandese
Bas Jan Ader a incarnare perfettamente il mito romantico del viandante errante, pellegrino inquieto e senza meta. L’installazione video
I’m too sad to tell you ritrae l’artista mentre piange di un pianto inconsolabile. Lacrime senza un’apparente ragione salvo il leopardiano, sempiterno, sublime “
naufragar m’è dolce in questo mare”.