La mostra ruota intorno al dialogo ingannevole tra arte e pubblicità. Il curatore propone un confronto superficiale tra le opere e i ricordi d’infanzia, le tracce mnemoniche lasciate dai primi slogan televisivi, i frammenti di immagini appannate tra le micro-vicende di personaggi come la bionda Peroni, il nero Calimero, l’allegra Carmencita.
Tema che non compare esplicitamente nelle opere se non come citazione farraginosa o riferimento iconico-formale.
La pubblicità opera su un terreno differente ma è veicolata da concetti-immagini riassumibili nella comunicazione/persuasione occulta degli spot, dei manifesti, degli slogan, dei loghi… Interpretazioni azzardate e fraintendimenti non possono essere assimilati alle effettive influenze reciproche che, in maniera inconscia o volutamente esasperata, sussistono tra i due mondi. Secondo il curatore il carosello rimane un’eco lontana ma persistente, tale da lasciare impronte visibili, più o meno marcate sui vari autori che, con quadri e sculture, ne ricalcano aspetti, figure, principi. Spesso efficaci, a volte obsoleti. Già nel 2001 Sciaccaluga con Chiamami Peroni sarò la tua arte aveva proposto presso la galleria Bonelli di Mantova lo stesso parallelo tra slogan pubblicitari e parte degli artisti della nuova figur
Dieci artisti affrontano tematiche differenti includendo nella loro tavolozza di colori e materiali quel substrato di suggestioni e di input visivi/sonori che vengono associati impropriamente al più noto momento televisivo italiano, il Carosello, nato nel 1957 e andato in onda fino al 1976.
Già la prima sala illustra storie differenti: Giuliano Guatta assume come tema principale la memoria; un momento di perplessità in cui un esile e vivido personaggio non compare in differita ma attraverso una rappresentazione deformata, ironica e surreale. Il tempo è bloccato negli istanti consecutivi che ripercorrono il giocare a palla contro un muro. Accanto all’ingresso Dany Vescovi scandisce verticalmente immagini astratto-floreali reiterabili all’infinito, mentre Davide Nido incolla termofusione e acrilico per abbordare le nostre orbite con vivaci texture. Nelle sale successive trova spazio il corpo sensuale e perturbante della modella, realizzata in terracotta da Marco Cornini, posta in connessione alla bionda Peroni e i dipinti di Alessandro Aldrovandi, Pietro Capogrosso e Luca Zampetti. Quest’ultimo ambienta le sue figure ammiccanti nel caos urbano contemporaneo, tra insegne e cartelloni monocromatici. Poi le installazioni di Lucio Perone, le navigazioni immaginarie ma ossessivamente ordinate create con abilità manuale da Riccardo Gusmaroli, fino al dittico di grande formato realizzato da Roberto Coda Zabetta che ritrae un volto destrutturato dalla materia pittorica sempre più lucida, corposa e opprimente. Una persona qualunque aggredita/ritratta dopo essere stata immortalata in un’immagine ripresa dal piccolo schermo.
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federica bianconi
mostra visitata il 29 novembre 2003
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